Esperto? No, grazie!

E’ di pochi giorni fa la notizia che un’importante organizzazione operante nel Volontariato, In soli 6 mesi, ha formato oltre 1380 “esperti” sulla riforma del terzo settore in 80 appuntamenti e 580 ore di docenze.

Pare dunque che anche questa nuova categoria, vada ad affiancarsi alle già esistenti ed a quelle “emergenti” nei più svariati campi (Esperto in Web marketing, in bullismo e cyberbullismo, in percorsi ecosostenibili, in ergonomia, in comunicazione visiva, in project management, in cyber security, in tecnologie per la smart manufacturing, in gestione delle energie, in strategie digitali); addirittura, con 1.500,00 euro, e in pochi mesi, si può diventare esperto in “cerimoniale e protocollo”.

Parrebbe dunque che per divenire “Esperto” in un ramo, sia sufficiente frequentare uno o più corsi, magari serissimi, chi dice il contrario!?, e potersi fregiare di questo “titolo” divenuto in breve tempo un lasciapassare formidabile nel mondo del lavoro.

Come noto a molti, il sostantivo “esperienza” ed il correlato aggettivo “esperto” derivano dal termine latino experientia, (verbo experiri), ovvero provare, mettere in uso, sperimentare, verificare.

Il termine, se vogliamo, nei secoli, non ha mutato sostanzialmente il suo significato da quello della corrispondente forma latina, mantenendone intatta la primitiva accezione, talché nel linguaggio comune “avere esperienza” sta a significare genericamente la conoscenza che si ha del mondo attraverso il quotidiano rapporto con le persone e le cose; avere insomma, nel corso degli anni, accumulato, nel bene e nel male, una serie di eventi e vicissitudini  che hanno sviluppato una crescita interiore e forse, proprio a causa di questo lungo e faticoso cammino che è la vita, tendiamo ad associare l’esperienza alla maturità ed alla vecchiaia.

Concludendo, possiamo definire “esperienza” la perizia, ma chiamatela, se preferite, pure abilità, arte, bravura, capacità, competenza, destrezza, maestria, sapienza, che si raggiunge attraverso la consuetudine e l’applicazione costante in una determinata tecnica o in una professione.

Se questa premessa è dal Lettore condivisa, essendo la legge delega per la riforma del Terzo settore del 2016, possiamo pacificamente concludere che oggi in Italia NON ESISTONO “Esperti del Terzo Settore”, non potendosi considerare tali neppure coloro che ne abbiano letto tutti i testi ed articoli al riguardo pubblicati ovvero frequentato uno o più dei corsi di formazione che oramai, quasi quotidianamente, vengono organizzati su tutto il territorio nazionale.

Esistono invece, quelli sì, “Studiosi del Terzo Settore”, validissimi, di elevata competenza, pochi invero, ma neppure costoro accetterebbero di essere considerati “Esperti” in quanto consapevoli non solo della farraginosità della materia, ma pure dell’assenza di consolidate Dottrina e Giurisprudenza, e, infine, di “casi pratici” sui quali “sperimentare” le proprie competenze.

Il problema, tuttavia, assume altra rilevanza, allorché ci si dichiara, ovvero si è riconosciuti “Esperti” in settori tradizionali, o, se volete, “antichi”, dove, a differenza, del Terzo Settore, per il quale, come abbiamo visto, i tempi non sono ancora “maturi”, si è ritenuti  tali per studi effettuati, professione abituale esercitata, casi pratici affrontati.

Studi effettuati: l’esperienza acquisita può generare, nel tempo, grandi professionalità; la storia è piena di eminenti personalità, in tutti i settori, che non hanno mai conseguito un titolo di studio o letto un testo scolastico; tuttavia, oggi, ad un Medico, prima di mettere le mani su di un paziente, viene richiesto un lungo e faticoso “apprendistato” sui libri e di affiancamento ad altri Medici più “esperti”; non posso diagnosticare un infarto se non conosco alla perfezione il cuore ed il suo funzionamento; neppure potrò impegnarmi in un intervento chirurgico al miocardio se non ho assistito ad altri interventi e se non ho fatto “esperienza” in sala; lo studio della materia deve essere il nostro atto di devozione qualunque sia l’attività professionale che andremo a svolgere; l’amor sapientiae deve essere la bussola che guida il neofita come il Maestro.

Non ci sono alternative, non ci sono scorciatoie invece, alla professione abitualmente esercitata ed ai “casi pratici”; questi ultimi, per davvero, formano ed alimentano l’esperienza e ci inducono a ritenere che “quella persona” e non un’altra sia “Esperta”.

Posso io fare il Relatore in un Convegno e parlare di contenzioso tributario se le mie conoscenze si limitano ad aver letto qualche pvc? Quante verifiche e quanti gradi di giudizio devo aver affrontato per essere riconosciuto come “Esperto”? Quanti verbali e con quante fattispecie di contestazioni devono essere passati dalla mia scrivania per poter poi consigliare gli altri? 10,100,1000? Dove finisce l’improvvisazione e comincia la conoscenza? Quali rischi faccio correre a chi mi ascolta e pure si fida di me?

Certo, qualcuno potrebbe obiettare, anche il Medico può sbagliare la diagnosi; anche il Commercialista il modello UNICO; queste circostanze tuttavia, non comprometteranno la sua credibilità, la sua professionalità, le sue competenze, se acquisite come”esperienza” seppur negativa; anzi, questi errori, paradossalmente, lo renderanno più umile e di conseguenza ne accresceranno in futuro le capacità.

Eventus docet: stultorum iste magister est è locuzione latina attribuita a Quinto Fabio Massimo (il noto Cunctator, temporeggiatore) e che tradotta letteralmente significa l’esperienza insegna, essa è la maestra degli stolti.

Evitiamo di divenire discepoli di questo tipo di “esperienza”, dobbiamo guardarci dal compiere un passo più lungo della nostra gamba, specialmente per scopi autopromozionali o autoreferenziali, al fine di non provocare, causa la nostra avventatezza, danni irreparabili a chi ci ascolta e ci segue in buona fede; ciascuno di noi deve limitarsi ad insegnare ciò che profondamente conosce; e questo trinomio, studio, professione abituale, casi pratici, è presupposto imprescindibile per chi aspiri ad essere giudicato “Esperto” dall’opinione pubblica.

Ecco perché, cari 1380 neo Esperti del Terzo Settore, dovete rifiutare l’etichetta di “Esperti” che evidentemente per soli fini pubblicitari vi vogliono cucire addosso; studiate per voi stessi, per amore della materia, silenziosamente; tutto vi risulterà più semplice ed agevole e saranno gli altri, a percorso concluso, e se del caso, a riconoscere il vostro valore.

                                                                            Leonardo Ambrosi

Verona, 22 luglio 2019