Archiviato il 2010 con il consueto “tiramolla” del 5 per mille (al riguardo dedichiamo la nostra Circolare n. 001 nell’apposita sezione del sito) restano sul tappeto i numerosi problemi per i quali Professionisti, Responsabili dello Sport in genere, Gestori degli Enti no profit, attendono una risposta. Proviamo a riepilogarli:
1) Verifiche fiscali;
2) Inquadramento del Personale/Collaboratori;
3) Formazione.
VERIFICHE FISCALI
L’anno testé trascorso ha visto, per la prima volta, gli Enti no profit, anche in seguito al debutto del modello EAS (D.L. n.185) destinatari di norme specifiche aventi ad oggetto la prevenzione ed il contrasto all’evasione (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20/E del 26 aprile 2010, punto 2.4).
Sicuramente, in questo senso, abbiamo assistito, sia da parte delle Agenzie delle Entrate Locali e sia da parte dei Nuclei Operativi della Guardia di Finanza ad un’incisiva azione di controllo e verifica di Enti no profit alla ricerca di attività commerciali “mascherate”.
E’ presto per fornire numeri. Sarà indubbiamente interessante conoscere i risultati di tale attività, soprattutto in merito a:
a) Tipologia degli Enti verificati;
b) Ubicazione;
c) Totale delle somme oggetto di ripresa fiscale suddivise per tipo di imposta.
Per nostra diretta conoscenza possiamo dire che l’azione degli Enti preposti si è indirizzata soprattutto verso le attività “aperte al pubblico” (leggi palestre) laddove all’attività di fitness si accompagnavano servizi correlati quali somministrazione di bevande e, soprattutto, di estetica rivolti alle persone.
In tutti i casi, salvo rare eccezioni, non è stato difficile per i verificatori rilevare:
1) L’assenza della “democraticità” della struttura (assemblee tenute solo “sulla carta” ovvero con numeri irrilevanti di partecipanti);
2) Assenza di una struttura amministrativa e sociale “minima” (libri sociali carenti nelle compilazioni, previsioni statutarie ignorate o comunque parzialmente disattese);
3) Presenza di Consigli Direttivi che si perpetuano, attraverso mandati pluriennali, e comunque riconducibili alle identiche persone;
4) Utilizzo di messaggistica o di canali di comunicazione troppo spesso dal sapore prettamente “commerciale” con offerte di “pacchetti” promozionali che mal si conciliano con gli scopi istituzionali degli Enti che li promuovono;
5) Carenza, in molti Statuti (troppo spesso “scaricati” senza discernimento alcuno dal web) delle norme imperativamente previste per i vari tipi di Associazione;
6) Carenza nell’utilizzo della modulistica, in specie quella relativa ai rapporti con gli “sportivi dilettanti” e con i “collaboratori”;
7) Carenza, in moltissimi casi, della documentazione prescritta in relazione al regime fiscale adottato;
8) Mancato invio (per gli Enti in regime 398) dell’opzione quinquennale alla SIAE o, addirittura mancato utilizzo del prospetto riepilogativo di cui al D.M. 11/2/97;
9) Omessa presentazione del modello 770 (sostituti di imposta) sull’errato presupposto che “sotto i 7500 non bisogna far niente”;
10) Mancata tenuta di una sia pure elementare “prima nota”.
Riteniamo che per buona parte dell’anno in corso le verifiche proseguiranno, anche solo attraverso la diretta convocazione presso gli Uffici preposti con richiesta di esibire la documentazione oggetto di verifica.
Ultimamente abbiamo assistito a verifiche riguardanti intere annualità unitamente all’esercizio in corso (limitatamente agli aspetti “formali”). Ciò comporta, evidentemente, un minore sforzo per gli Uffici e, tutto sommato, un minore “trauma” per gli Enti oggetto di controllo.
Se sarà questa la condotta scelta dalle Locali Agenzie è tuttavia presto per dirlo. Ciò che insistiamo a dire è che anche le Associazioni (di qualsivoglia dimensione) non possono più limitarsi ad una gestione superficiale della propria amministrazione (ricordo che per quelle non riconosciute viene chiamato a rispondere solidamente il Legale Rappresentante ovvero coloro che hanno agito in nome e per conto dell’Ente), ma è necessario affidarsi a Professionisti competenti della materia.
Inquadramento del Personale/Collaboratori
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ” Direzione Generale per le Attività Ispettive aveva risposto, in data 09 giugno 2010, ad una istanza di interpello ex art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 avanzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito alle collaborazioni coordinate e continuative instaurate, ai sensi dell’art. 90, commi 3 e 23, L. 289/2002, nell’ambito delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche. L’interpello aveva affrontato diverse problematiche: alcune di natura procedurale (obbligo di comunicazione preventiva ai Centri per l’Impiego e di annotazione sul Libro Unico del Lavoro), altre di natura sostanziale(obbligo di assoggettamento a contribuzione ENPALS ovvero esenzione per determinate categorie di prestazioni), tutte tematiche già ampiamente affrontate dallo Studio.
Si tratta di questioni che, nonostante siano trascorsi ormai diversi anni dall’emanazione delle norme di riferimento, sono ben lungi dall’essere state definitivamente chiarite, come dimostrano i continui interventi, sia legislativi che di prassi, dei ministeri competenti, e la ormai copiosa produzione dottrinale apparsa sulle riviste specializzate, sui siti delle Federazioni Sportive e, più in generale, sul web.
I risultati delle verifiche effettuate dagli Ispettori dell’Enpals (in molti casi unitamente a Funzionari SIAE e INPS) sono state in molti casi contraddittorie nella forma e nella sostanza.
Molto spesso, per non dire quasi sempre !, si sono ignorate le norme in materia fiscale (in primis l’art. 67, comma 1, lett. m) riconducendo, attraverso una sommaria attività ispettiva, i rapporti propri degli Sportivi Dilettanti a rapporti di lavoro tout court subordinato con facili ed immaginabili conseguenze per gli Enti verificati.
Vero è anche che molte Associazioni (in buona e cattiva fede !) hanno preteso di ascrivere al comparto dello sport dilettantistico (è il caso degli Istruttori delle “palestre”), rapporti di collaborazione che possedevano e possiedono tutti i requisiti (subordinazione, orario di lavoro, ecc.) propri del lavoro subordinato.
Se tale inquadramento è sicuramente errato è anche vero che lo Sport Dilettantistico (senza eccezioni !) non può sostenere la contribuzione proposta dall’ENPALS ( attualmenteè pari, salvo alcune eccezioni,al 33%, da versarsi, si badi bene dal primo euro).
L’ENPALS è l’Ente di Previdenza, fra gli altri, dei calciatori Professionisti e dei Cantanti……non ci pare che le retribuzioni (e le relative contribuzioni) degli Istruttori di una qualsivoglia Associazione possano essere in qualche modo parificate ai (lauti) compensi dei suddetti Professionisti !
Non vi è dubbio che occorre trovare una soluzione.
FORMAZIONE
Il terzo aspetto che va attentamente approfondito riguarda la “formazione” dell’intero comparto dilettantistico, dai Quadri Dirigenziali delle Federazione e degli Enti di Promozione sino all’ultimo Istruttore della più piccola Associazione esistente.
Negli ultimi anni si è spesso assistito ad una corsa, da parte delle Federazioni Sportive e degli Enti di Promozione, ad indire corsi di formazione, di ogni ordine e grado senza alcun riguardo alla qualità, con il conseguente rilascio di diplomi e attestati di partecipazione (invero ceduti a caro prezzo !).
Ciò ha portato all’immissione sul mercato (in specie del fitness) di Istruttori di diverso livello con una molteplicità di mansioni e qualifiche spesso simili creando sovrapposizione di ruoli con l’unico risultato di “avvelenare” il mercato (serio) della formazione e qualificazione professionale.
Così assistiamo all’organizzazione di “master” in acqua fitness, in fitness musicale, in power pump, in Kardio Kombat (sic !) e via discorrendo con rilascio finale di relativi “titoli” e crediti formativi, che non hanno alcun valore giuridico e che servono solo a riempire le pareti della palestra offrendo un’illusoria sensazione di professionalità.
Ovviamente tutti questi corsi “professionali” hanno come comune denominatore la durata breve (spesso e volentieri poche ore), la promozione a pieni voti, ovvero il rilascio assicurato del “diploma”, il costo elevato. I più raffinati poi sono organizzati in amène località (sovente balneari), durano alcuni giorni, sono nobilitati dalla presenza di semisconosciuti manager internazionali, ma il risultato finale è sempre identico: una fabbrica dei diplomi e delle illusioni.
Molte Regioni poi, ovvero Camere di Commercio locali, nella vana illusione di mettere ordine al settore, si sono imposte di disciplinare la materia subordinando l’inizio dell’attività di “palestra” al possesso da parte del Legale Rappresentante (o di un preposto) di determinati requisiti. A chi scrive, ad esempio, è capitato di vedersi iscrivere dalla Camera di Commercio di Udine una Società Sportiva Dilettantistica a r.l. all’Albo degli …………………….Artigiani !!
Invero non vi è norma, Legge, o disposizione legislativa che dir si voglia che condizioni l’apertura di un’Associazione/Società Sportiva al possesso di requisiti del Legale Rappresentante dell’Ente. Così, chiunque, anche chi fino a ieri ha venduto frutta e verdura può tranquillamente mettersi la tuta ed insegnare agli ignari frequentatori a sollevare un bilanciere.
Conseguenza di quanto sopra detto, è la non più prorogabile necessità che le Federazioni Sportive Nazionali, gli Enti di Promozione Sportiva e le Discipline Sportive Associate facciano un serio esame di coscienza e privilegino, finalmente, la qualità dei servizi offerti alla quantità.
E’ indispensabile formare una CLASSE DIRIGENTE degna di questo nome, attraverso una rigida selezione dei quadri dirigenziali, dei Funzionari locali; attraverso un severo vaglio delle iniziative intraprese sul territorio, in specie di quelle relative ai corsi di formazione che, per quanto detto, devono essere prima di tutto qualificanti e selettivi.
Per fare ciò non è indispensabile creare Albi professionali (non è questo il momento storicamente propizio) ma basterebbe che le Organizzazioni suddette, (FSN, EPS, DSA), per il tramite del CONI si imponessero regole precise e valide erga omnes.
Così facendo si salvaguarderebbe quella parte ancora sana dell’Associazionismo Sportivo che al mondo politico chiede certezze nelle Norme per poter crescere e svilupparsi attesa la sempre crescente domanda di sport da parte dei Cittadini.
Articolo a cura di Leonardo Ambrosi
(fine seconda ed ultima parte)