I fattori genetici familiari
Prendete un Gruppo di 300 aziende con un fatturato di oltre 15 miliardi di dollari, che spazia nei settori dei Trasporti aerei e ferroviari, Telefonia, Fitness, Media, Energie rinnovabili, Carte di credito, Assicurazioni, Vacanze (persino nello spazio!) e tanti altri ancora, aggiungete il leader mondiale nella fabbricazione e fornitura di prodotti e servizi per il fitness, con un fatturato di oltre 550 milioni di euro, di cui “solo” il 15% prodotto in Italia; unite poi un’associazione “no profit” che rappresenta e tutela gli interessi dei gestori e dei proprietari di impianti sportivi, convenzionata da un lato con un primario ente di promozione sportiva, di radici e ispirazioni cattoliche, e d’altro lato con Confindustria; date da mescolare il tutto alla fine ad un parlamentare, e otterrete un cocktail al quale è stato dato il nome di Società Sportiva Dilettantistica Lucrativa (SSDL)
Fermo restando che “mater certa est, pater nunquam”, è risaputo che la neonata SSDL abbia visto la luce in “ambienti bene” (mamma profit, papà no profit?), ma occorre inoltre sapere che fra le 300 aziende nel mondo che appartengono al Gruppo, spicca quella che opera nel fitness, con un fatturato in Europa nel 2016 di 500 milioni di euro, di cui 116 prodotti in Italia, dove è presente con 28 unità locali (leggi palestre), 4 di prossima apertura, e con l’ambizione di arrivare a 50 entro il 2020 (Fonte il Sole24ore).
Tale autentico gigante, nonostante la massiccia presenza sul mercato (dal 2002), ha denunciato, per restare agli ultimi cinque anni, bilanci con perdite nel 2011 di 9.348.917 euro, nel 2012 di 10.121,977 euro, nel 2013 di 36.612.890 euro, nel 2014 di 23.441.178 euro, ancora nel 2015 di 9.177.537 euro, e per finire nel 2016, con una “lieve” perdita, di “soli” 2.689.666 euro. A tutela del citato fattore generico familiare, va ricordato che è sempre arrivato, ogni anno, l’intervento puntuale del Socio Unico con sede in Gran Bretagna a ricoprire tutte le perdite, ma se la norma istitutiva delle SSDL fosse nata già nel 2016, la perdita di 2.689.666 euro sarebbe stata assorbita dal 50% di decontribuzione sui costi del Personale (circa 31.000.000 euro), e si sarebbe trasformata d’incanto in un utile.
Il leader mondiale nella fornitura di prodotti per il fitness ha inoltre, da oltre 20 anni, una consolidata partnership con i centri fitness del Gruppo, cui rifornisce, in tutto il mondo, le linee principali dei suoi prodotti.
L’associazione no profit, che annovera fra i suoi fondatori ed attuale socio onorario il leader mondiale, prevede, e lo dichiara apertamente nella propria brochure, fra le attività, quella di “lobbying” che si sostanzia nell’avanzare proposte legislative che, come tali, devono essere sostenute da parlamentari; nel 2005 sempre l’Associazione no profit entrava in Confindustria, ovvero l’organizzazione per eccellenza delle Aziende Profit strutturate.
La fortunata combinazione dunque Gruppo / Leader mondiale / Associazione no profit, unitamente ad altre istanze “politiche” sorte nel frattempo, confluivano nel mese di Giugno del 2016 in un primo progetto di Legge presentato alla Camera dei Deputati, e dopo un lungo travaglio, nella Legge n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018) con l’introduzione (art. 1, commi da 353 a 357) della possibilità di esercitare l’attività sportiva dilettantistica in forma d’impresa, attraverso la costituzione, come visto, di nuove “società sportive dilettantistiche lucrative”.
Il “canto delle sirene” dei parenti della neonata ne dava in lungo e in largo il lieto annuncio; nel contempo la Società del Gruppo a capo dei numerosi centri fitness presenti al momento in Italia , era pronta, sin dall’11 gennaio 2018, a bere il nuovo cocktail SSLD, in versione SSDLPA.
I fattori ambientali
Diciamolo subito: nonostante l’artiglieria multimediale messa in campo in favore della neonata Società lucrativa, e nonostante il susseguirsi a ritmo incessante in tutta la penisola di Convegni per illustrare la nuova creatura, sin dalla nascita le cose non sono andate e non stanno andando come i promotori speravano.
Dell’originario progetto di Legge presentato alla Camera dei Deputati nel giugno 2016, solo una parte è stata recepita dalla Legge di bilancio 2018, peraltro con significative modifiche, che si sono tradotte in elementi di criticità sintetizzabili come segue:
– Obbligo per le SSDL della presenza di un “direttore tecnico” in possesso del diploma ISEF o laurea quadriennale in Scienze Motorie o di laurea magistrale in Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie o in Scienze e Tecniche dello sport , ovvero in possesso della laurea breve (tre anni) in Scienze motorie; la criticità del provvedimento non è costituita dal fatto che “ il direttore tecnico” (figura non prevista per le ASD e SSD) debba avere il titolo di Studio, ma risiede nella circostanza che egli debba essere presente “in occasione dell’apertura al pubblico dietro pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo”; a tacer d’altro (la formulazione si presta a molte altre domande) osserviamo che l’apertura al pubblico può avvenire 7 giorni su 7 dalle 6 del mattino financo alle 22.00 di sera (ma in certe metropoli si sta sperimentando l’apertura 24 ore su 24) e ci si chiede dunque quanti Direttori Tecnici si dovranno avere a disposizione e a quali costi?!
– Sotto il profilo tributario , l’unico vantaggio pare essere la riduzione dell’IRES dal 24 al 12% (per le sole società di capitali) a fronte della perdita, nei confronti delle SSD non lucrative, dell’opzione per il regime di cui alla Legge 398/91, unitamente ad un’accentuazione del carico fiscale dell’IRES, sia pure ridotto del 50%, e dell’IVA, sia pure del 10%; di particolare peso poi si rivelerà l’IRAP, atteso che i compensi sportivi verranno inquadrati nell’alveo delle collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 50 del TUIR, e non nella più favorevole categoria dei compensi ex art. 67, comma 1, lettera m, del TUIR;
– Un ulteriore disincentivo alla scelta per la Lucrativa, deriva dall’inquadramento delle collaborazioni sportive quali collaborazioni coordinate e continuative in quanto, pur essendo tali rapporti inquadrati nell’identico perimetro, sia per le ASD/SSD non lucrative che per le SSDL, i compensi erogati dalle prime beneficeranno dell’esenzione fiscale fino ad euro 10.000,00 (così elevata con la Legge di Bilancio 2018), mentre per le seconde (SSDL) si farà riferimento all’art. 50 del TUIR (redditi assimilati al lavoro dipendente), e pertanto i relativi compensi non usufruiranno di alcuna fascia di esenzione e saranno assoggettati integralmente ai versamenti contributivi previdenziali, sebbene per i primi 5 anni (a decorrere dal 1° gennaio 2018) godranno di una decontribuzione del 50% dell’aliquota contributiva INPS (già ENPALS) del 33%; tale beneficio terminerà però il 1° gennaio 2023 e dunque, ad oggi, i potenziali fruitori, si sono “mangiati”, malgrado loro, 3 mesi! Né è da tacere il conseguente aggravio amministrativo derivante dall’istituzione del Libro Unico del Lavoro ed emissione dei cedolini paga;
– Infine, un altro possibile ostacolo alla trasformazione da SSD non lucrativa in SSD lucrativa, potrebbe essere costituito dal passaggio da un patrimonio indivisibile, e come tale non distribuibile, ed esente da imposte, ad uno distribuibile, cedibile e tassabile; non possiamo inoltre ignorare la circostanza che le Lucrative potranno essere considerate tali e godere dei provvedimenti di favore riservati loro, solo al momento in cui potranno (e dovranno) iscriversi nell’apposita sezione del Registro Coni, non ancora istituita, e soprattutto dovranno passare sotto le “forche caudine” delle Federazioni ed Enti di Promozione Sportiva che dovranno, all’uopo, modificare i propri Statuti, che non prevedono, come ovvio, l’iscrizione di Enti Profit; la qualcosa non appare di poco conto, ed i tempi potrebbero essere molto lunghi!
Analisi della ragion pura
L’affermazione quindi del modello lucrativo, per quanto sin qui detto, appare di dubbia realizzazione, rinvenendosi vantaggi per le sole SRL (o SPA) ordinarie; una Legge quindi studiata per le realtà di grandi dimensioni, non risultando appetibili per quegli enti minori (la maggior parte!) dove la de-commercializzazione delle quote di frequenza e lo strumento dei compensi detassati corrisposti agli sportivi dilettanti, giocano un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dei sodalizi.
Da questo punto di vista, i dati delle Camere di Commercio ci confortano sulla nostra tesi; al 1° aprile 2018 sono solo 62 le Società che risultano aver adottato la nuova veste lucrativa: di queste solo 26 risultano “attive”, mentre le restanti 36 risultano ancora essere “inattive”; delle 26 attive, 18 risultano essere iscritte con il codice Ateco 93.13 (gestione di palestre), mentre le altre 8 hanno adottato codici diversificati (93.12 Attività di club sportive, 93.19.99 Altre attività sportive n.c.a., 85.51 Corsi sportivi e ricreativi, 56.10.11 Ristorazione con somministrazione (?), 93.11.3 Gestione di impianti sportivi polivalenti, 85.52.01 Corsi di danza, 93.11.2 Gestione di piscine.
Il microdato ci fornisce tuttavia alcune considerazioni: le SSDL attive sono quelle che hanno potuto proseguire l’attività “trasformandosi” da SRL ordinaria profit in SSDL; le altre “inattive” sono di nuova costituzione; entrambe attendono, prima di poter usufruire delle agevolazioni e, per quanto detto, di potersi iscrivere al Registro CONI, nella istituenda sezione speciale.
Non deve meravigliare poi la circostanza che 18 su 26 delle “attive” siano “palestre”; la storia degli ultimi anni di verifiche fiscali hanno avuto, come destinatari, le “palestre”, fossero esse costituite come Associazioni non riconosciute o SRL sportive dilettantistiche.
Di converso, per controbilanciare la nascita delle SSDL, si è provveduto, ad “anabolizzare” le ASD e SSD non lucrative, innalzando il tetto delle attività commerciali di cui al regime forfetario della Legge 398/91, da 250 a 400 mila euro (Legge di Bilancio 2017) e quelle dei compensi agli sportivi dilettanti da 7.500 a 10.000 euro (Pacchetto Sport nella Legge di Bilancio 2018); siamo proprio certi che tale bulimia non produrrà, alla lunga, maggiore elusione e l’intensificazione dei controlli da parte degli Organi preposti?
Riepilogando: le ASD e le SSD non lucrative rimarranno ferme, avendo incrementato i loro privilegi; le SRL o, come nel caso esaminato, le SPA ordinarie, che hanno sin qui pagato imposte e contributi previdenziali pieni, trasformandosi in SSDL, vedranno ridursi notevolmente i carichi erariali, e dunque, a rimetterci sarà lo Stato, quindi l’intera collettività, mentre i problemi che affliggono da decenni lo sport dilettantistico (quello vero!) ancora una volta resteranno irrisolti.
Verona, 5 aprile 2018
Leonardo Ambrosi