UN’APERTURA ANCHE AL TRUST NELLA RIFORMA DEL NO PROFIT

UN’APERTURA ANCHE AL TRUST NELLA RIFORMA DEL NO PROFIT

L’angolo del Trust, a cura del Prof. Mauro Norton Rosati di Monteprandone

Fra le novita’ piu rilevanti apportate dalla legge 4 luglio 2024 in GU n.168 del 19 luglio  al Codice del Terzo Settore  è quella prevista dall’art. 10 “Patrimonio destinati ad un singolo affare” secondo cui gli ETS dotati di personalita’ giuridica ed iscritti nel Registro imprese “…. possono costituire uno o piu patrimoni destinati ad un singolo affare ai sensi e per tutti gli effetti degli art.2447 bis e segg. del codice civile…”

Benissimo! Chiariamo  ai nostri attenti lettori di che cosa si tratta.

L’art.2447 bis c.c  recita:

“La società può:

  1. a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare;
  2. b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso, o parte di essi.

Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo comma non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per cento del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.

Il legislatore disciplina la separazione patrimoniale che si ha quando una parte del patrimonio di un soggetto, pur continuando ad appartenere allo stesso, è assoggettata ad una disciplina peculiare per quanto riguarda la   responsabilità.
La norma prevede due distinti modelli di patrimoni destinati, in quanto la società può:

a)”costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare”: si tratta del patrimonio separato in senso stretto,attraverso il quale la società destina una parte del proprio patrimonio sociale allo svolgimento di uno specifico affare, con l’effetto che tale parte di patrimonio è esclusa, per tutta la durata dell’operazione, dalla funzione di garanzia generica nei confronti dei creditori sociali, rimanendo a disposizione soltanto dei soggetti coinvolti nello specifico affare;

b)”convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso, o parte di essi”: si tratta del finanziamento destinato in cui sono solo i proventi ad essere destinati, in tutto o in parte, al rimborso dei finanziatori.

In entrambi i modelli vi è un vincolo di destinazione che riguarda: nella prima ipotesi i beni compresi nel patrimonio dell’impresa; nella seconda ipotesi concerne i proventi derivanti dal contratto di finanziamento.
Per specifico affare si intende sia un singolo atto giuridico che un ramo di attività d’impresa. L’affare deve rientrare nell’oggetto sociale.
Nel caso di pluralità di patrimoni separati, occorre considerarli tutti ai fini del calcolo del 10% del patrimonio netto.

Il conferimento può avvenire anche in natura, qualora i proventi dell’affare siano destinati al rimborso totale o parziale del finanziamenti. Tale operazione ha beneficato di importanti incentivi fiscali: le tre leggi Tremonti sulla defiscalizzazione degli utili e investiti nell’attività produttiva comprendevano anche interventi di acquisto, riconversione e efficientamento di beni immobili e impianti strumentali al fine dell’azienda specificato nell’atto costitutivo.

Nell’ambito del project financing, l’isolamento del patrimonio e dei flussi di cassa generati da un affare -progetto rendono quest’ultimo più facilmente valutabile dal mercato.

A tutela del diritto al soddisfacimento dei creditori sociali, l’art.67-bis della legge fallimentare prevede l’esercizio dell’azione revocatoria nei confronti dei patrimoni destinati ex art. 2447 c.c. Tuttavia, il curatore fallimentare non può procedere se il patrimonio destinato non ha pregiudicato il patrimonio della società aggredibile dai creditore.

Inoltre, ha l’onere della prova di dimostrare che il creditore convenuto in giudizio non fosse preventivamente consapevole dell’incapienza del patrimonio destinato in relazione al credito da soddisfare, nonché dello stato di insolvenza della società.

Quest’ultimo è non di rado desumibile dall’analisi a indici dei bilanci corredati da nota integrativa e da una visura camerale presso il  Registro imprese. Nel caso dei patrimoni destinati ad uno specifico affare rischia di invertirsi la normale tutela privilegiata dei creditori chirografari, tenuto conto delle asimmetrie informative che consentono loro di acquisire piena consapevolezza dello stato d’insolvenza della società e dell’incapienza del patrimonio destinato, elementi che sono entrambi causa di non procedibilità dell’azione di revocatoria fallimentare.

Il D.lgs 3 luglio 2017, n. 117 estende la facolta di creare patrimoni destinati ad uno specifico affare a favore degli enti del Terzo settore dotati di personalità giuridica.

Il “patrimonio destinato ad un singolo affare” cosi come altri negozi giuridici  ( art.2645  ter c.c.) di vincolo  altro non sono  che tentativi di inserire organicamente il  “trust” nel codice civile.

Infatti I vincoli di destinazione, pertanto, possono essere definiti come atti di disposizione del proprio patrimonio con cui è possibile separarne una parte, destinando  alcuni beni alla realizzazione di scopi appunto meritevoli di tutela ed in in favore di determinati soggetti beneficiari.

Inevitabile  quindi è il confronto che sorge fra vincolo di destinazione e altre analoghe fattispecie giuridiche di segregazione e protezione del patrimonio, come il fondo patrimoniale,il negozio fiduciario ed in particolare il trust. Proprio rispetto al trust si possono evidenziare alcune importanti differenze.

Prima di tutto, la normativa sui vincoli di destinazione  ( art.2645 ter c.c.) non prevede la partecipazione all’atto istitutivo di due soggetti distinti, mentre lo schema tradizionale del trust è incentrato da subito sulla partecipazione di settlor e trustee.

Altra differenza riguarda i beni che ne possono formare oggetto: solo immobili e/o mobili registrati nel caso di cui all’art. 2645-ter; generalmente qualsiasi tipo di bene per il trust.

La durata costituisce un ulteriore elemento distintivo: il vincolo di destinazione non può superare i novant’anni o la durata della vita del beneficiario; nel trust, invece, la durata dipende dalle previsioni della legge applicabile e, nella sola ipotesi del trust autodichiarato, la durata può essere persino perpetua.
Infine, sulla forma: per il vincolo di destinazione, il legislatore contempla unicamente la forma pubblica, se non ad substantiam, quanto meno ai fini pubblicitari; nel trust, invece, le regole sulla forma dipendono dalla natura dei beni che ne sono oggetto e dalla legge applicabile. Anche per il trust, tuttavia, è fondamentale la forma pubblica per la trascrizione dell’atto costitutivo.

Per il “patrimonio destinato” valgono analoghe considerazioni se pur concretamente distinte:

Con l’espressione patrimonio separato, accogliendo i risultati raggiunti dalla maggiore dottrina in materia, s’intende descrivere quella situazione per la quale “….una determinata massa di beni viene diversificata dal resto del patrimonio del soggetto, per essere destinata ad assolvere ad una peculiare funzione ed é ciò che si verifica quando ai sensi dell’art. 2447 c.c. parte di un patrimonio societario viene destinato al compimento di uno specifico affare o posta a garanzia di un finanziamento.”

La configurazione di una separazione non soltanto quantitativa del patrimonio, ma anche qualitativa in quanto la destinazione ad uno scopo particolare modifica l’intera fisionomia della massa separata, implica inevitabili conseguenze sul regime giuridico applicabile.

In questo senso, infatti, la disciplina speciale dei patrimoni separati prevede, da un lato, vincoli – per il caso in cui il patrimonio debba essere trasferito dal suo titolare per scopi diversi da quello impresso con la destinazione – , e, dall’altro, pone limiti (ai creditori che intendono aggredire i beni costituenti il patrimonio separato).

Più precisamente i creditori del patrimonio separato prevalgano su quelli ordinari, ai quali è di fatto imposto di attendere che si verifichi la condizione che fa  venire meno le separazione, affinché possano agire per vedere soddisfatti i propri crediti.

Qui rinveniamo la prima differenza con il trust che invece origina un patrimonio autonomo ovvero un insieme di beni materialmente staccati dalla sfera di appartenenza di un soggetto, per essere destinati alla costituzione di un altro soggetto giuridico, ovvero più in generale, per costituire la dotazione patrimoniale di un organismo indipendente.

Con il vincolo di destinazione invece si attua una segregazione patrimoniale con la quale deve intendersi un complesso di posizioni soggettive che appartengono a un soggetto, ma che, tuttavia, non risentono delle sue vicende obbligatorie generali, e quindi non formano parte del patrimonio che costituisce garanzia per i suoi creditori, eccetto che per quelli aventi causa dalla stessa posizione segregata.

 Il patrimonio separato si distingue da quello segregato per la mancanza, in quest’ultimo, di comunicazione bidirezionale tra il patrimonio e il soggetto che ne è titolare:  ragion per cui il patrimonio destinato si avvicina maggiormente ad un patrimonio autonomo più che ad un patrimonio separato pur conservando caratteristiche di quest’ultimo.

Un vero e proprio patrimonio separato è costituito dal fondo patrimoniale. In verità il legislatore usa in modo indistinto le diverse locuzioni non soffermandosi sulle differenze.

Depurando come ha fatto la moderna dottrina il fenomeno dei patrimoni separati dalle problematiche che interessano la soggettività, la categoria dei patrimoni separati e segregati si caratterizza per il fatto di subire una particolare destinazione, che incide sulle regole della responsabilità patrimoniale.

Per inciso, si deve evidenziare comunque che il Trust non ha la criticita’ e possibilita’ di deafult come per le ipotesi  sia di utilizzo ex ‘art.2645 ter c.c  che dell’art.2447 bis c.c. Da parte della azienda “madre” che se dovesse andare in liquidazione giudiziale andrebbe in fumo, in default anche il patrimonio vincolato o destinato per singoli affari.

Pertanto il nostro legislatore avendo riconosciuto il trust ha cercato, indirettamente,  di estrapolarne alcune utilizzazioni inserendole nel sistema normativo esistente in moda da delinearne i limiti e chiarendo che la responsabilità patrimoniale in deroga ai principi generali non può essere lasciata all’autonomia privata.

Chiediamoci allora: è possibile effettuare qualsivoglia negozio giuridico di “vincolo”( art.2447 bis c.c e/o art.2645 ter c.c.- un trust) negli enti del “Terzo settore”?

A nostro avviso è possibile analizzando caso per caso, di volta in volta la fattibilita’ di intraprendere nuovi progetti o vincolare parte del patrimonio: in primis,dovrebbe essere  necessaria la personalita’ giuridica dell’ETS (art,10 citato)?

Ad una interpetrazione letterale, sembrerebbe di si : pero’ tale “destinazione vincolata” ( è ricompresa nel Titolo “Destinazione del pattrimobio ed assenza di scopo di lucro ) è organicamente ricompresa nella “riforma del no profit” e pertanto al fine di evitare censure di legittimita’ costituzionale, avranno diritto di accesso all’utilizzo dell’art.10, anche gli altri enti richiamati nella legge di riordino del TERZO SETTORE.

Mauro Norton Rosati – Linktree