CAVALLI PUROSANGUE O VECCHI RONZINI ?

Nell’ultima delle News pubblicate su questo sito si dà notizia della maxi operazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate della Lombardia nel corso del 2011 e che ha portato, ovvero, avrebbe portato, a scovare 19 su 20 associazioni operanti nel settore dell’equitazione esercenti di fatto “attività commerciale”. Tutti i quotidiani e le riviste che hanno riportato la notizia ne hanno posto in evidenza, la duplice valenza: da un lato la tutela dei veri attori del no profit, d’altro lato il risultato economico della “retata” che avrebbe comportato l’emersione di maggiori imponibili IRES ed IRAP, rispettivamente per oltre 1,2 e 1,4 milioni di euro.

Letta così, la notizia, dovrebbe rallegrare gli Operatori del settore ippico (quelli “onesti” beninteso) e riempire di orgoglio la collettività nel sapere che esiste un Fisco che non dorme e che costantemente attenziona e monitora il terzo settore a caccia di “finte” associazioni.

Tuttavia le cose non stanno così, come ben sa chi, come noi, si occupa da anni del mondo del no profit e che ha vissuto e sta vivendo questa stagione “conflittuale” fra Agenzie delle Entrate e soggetti del variegato mondo dell’associazionismo sportivo e del no profit in generale.

Prima di tutto un po’ di dati: un recente studio del NENS (centro studi presieduto da Vincenzo Visco, ve lo ricordate ?) ci informa che il rapporto tra la maggiore imposta accertata dal fisco e le somme effettivamente riscosse è pari, al lordo dei costi, a circa il 10 per cento. Usando le parole della Corte dei Conti, la maggiore imposta accertata è “una pretesa erariale” che prima di acquistare il requisito della certezza “dovrà superare il vaglio di un contraddittorio e dell’eventuale contenzioso” e, prima di tradursi in incasso effettivo, dovrà superare indenne “la fase della riscossione”. In breve, per ogni 10 euro di supposta evasione che Agenzia delle Entrate e Finanza dichiarano di avere scovato solo 1 entrerà nelle casse dello Stato. Inoltre, anche di quell’unico euro che si riscuote, il 40% ovvero 0,40 centesimi non sono dovuti alla lotta all’evasione ma a correzioni di errori nelle dichiarazioni, ad esempio, per deduzioni e detrazioni non spettanti. Per ottenere ciò lo Stato (leggi i contribuenti) sostiene un apparato che tra Equitalia, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza conta 110.000 dipendenti e, solo per Agenzia ed Equitalia, costa 4 miliardi cui si aggiungono le spese di funzionamento delle Commissioni Tributarie e i miliardi spesi in commercialisti, avvocati, impiegati amministrativi da parte di imprese e individui.

Ergo, se quanto sopra è vero, (e ce lo dice un ex ministro non proprio noto come libertario anti-tasse) dall’operazione “circoli ippici” lo Stato incasserà, a fronte di una “pretesa erariale” , come dice la Corte dei Conti , di 2,6 milioni di euro fra IRES ed IRAP, ed al lordo dei costi sostenuti, la bellezza di 26.000,00 euro ! 

Fin qui l’aspetto tecnico – fiscale; successivamente esiste, last but not least, la metodologia adottata nei controlli. Questa invero, rappresenta una problematica per dibattere la quale non sarebbero sufficienti interi Convegni.

“Corretto inquadramento degli Sportivi Dilettanti” , “reale portata del regime 398/91” , “obblighi civilistici e comportamenti gestionali propri del mondo profit”, “democraticità della struttura” , “impianti contabili da adottare”, “attività commerciali ammesse” ; questi, e molti altri ancora, i problemi non chiariti e che spesso e volentieri trovano differenti interpretazioni in sede di verifica nelle stesse Agenzie delle Entrate, cosicchè non è raro rinverire nei verbali di accertamento posizioni differenti a seconda che si tratti dell’Agenzia di Trento piùttosto che di Cagliari.

Molte Associazioni sbagliano non con l’intento di frodare il Fisco ma a causa di una legislazione civilistica e fiscale paradossalmente lacunosa per certi aspetti ed estremamente complessa per altri.

Di ciò, da qualche tempo a questa parte, se ne sono accorti Federazioni ed Enti di Promozione Sportiva, che hanno, colpevolmente, per troppo tempo, ignorato i problemi che assillano sotto questo punto di vista la “base” costituita dalle migliaia di Associazioni che con il loro contributo annuale provvedono al sostentamento del proprio Ente di riferimento.

Si è capito, seppur in ritardo, che non basta promuovere e fare sport, ma che occorre, contemporaneamente, formare ed aggiornare i Dirigenti e gli Operatori del settore dal punto di vista fiscale ed amministrativo perchè, oramai, gestire un’Associazione, a qualsiasi livello, significa gestire un’impresa, nè più nè meno, con gioie e dolori annessi e connessi.

Il tutto affinchè lo sport dilettantistico non diventi, per colpa di una Legislazione carente, ma anche  per l’assenza di guide istituzionali, un vecchio ronzino anzichè, come dovrebbe, un cavallo purosangue.

Leonardo Ambrosi