TRUST E DETENTORE DI QUOTE DI SNC: AMMISSIBILITÀ’?

TRUST E DETENTORE DI QUOTE DI SNC: AMMISSIBILITÀ’?

L’angolo del Trust, a cura del Prof. Mauro Norton Rosati di Monteprandone

Un problema di certo interesse e molto contrastato è la ammissibilità per un “trust ” di detenere  quote di una società in nome collettivo, avente per natura, il titolare delle quote stesse, responsabilità solidale ed illimitata.

Le partecipazioni societarie possono essere assunte, oltre che da una persona fisica, anche da una persona giuridica tanto di diritto privato che di diritto pubblico. In tema di partecipazioni societarie è da citare prima di tutto l’art. 2361 c.c., in base al quale “L’assunzione di partecipazioni in altre imprese, anche se prevista genericamente nell’atto costitutivo, non è consentita se, per la misura e per l’oggetto della partecipazione ne risulta sostanzialmente modificato l’oggetto sociale determinato dall’atto costitutivo”. Tale divieto ha il fine di impedire che, di fatto, si modifichi l’oggetto sociale senza la preventiva ed indispensabile deliberazione dell’assemblea degli associati.

Il fenomeno delle partecipazioni societarie, ovvero dell’acquisizione
da parte di una società (di persone o di capitali) di una partecipazione in un’altra impresa collettiva ha dato luogo a forti contrasti sia in dottrina che in giurisprudenza. In particolare, una delle questioni più controverse in fatto di partecipazioni societarie riguarda l’ammissibilità della partecipazione di una società dotata di personalità giuridica ad un ente fornito di semplice autonomia patrimoniale. A tal proposito, in dottrina prevale in modo abbastanza netto la soluzione più permissiva; al contrario, invece, si pone la giurisprudenza, orientata in senso negativo.

Il punto cruciale della controversia riguardante le partecipazioni societarie va individuato nella tesi secondo cui una società di capitali non può partecipare ad una società di persone, stante la responsabilità illimitata che viene assunta dai soci di questo tipo di società (data la limitazione di responsabilità tipica delle società di capitali). Per la dottrina, le partecipazioni societarie di società di persone ad altre società di persone, sia in veste di socio a responsabilità illimitata (come nella s.n.c.) che di associato a responsabilità limitata (come accomandante di una s.a.s.) sembra del tutto ammissibile. In queste ipotesi, infatti, non si produce la violazione (nemmeno in modo indiretto) dei principi sanciti in materia di responsabilità.

Il fenomeno del collegamento fra società, al di là dell’assunzione di partecipazioni societarie, può acquisire un carattere anche molto più intenso: nella realtà economica dei giorni nostri si vengono spesso a creare, specie tra società di capitali, dei meccanismi di collegamento finalizzati ad accentuare la posizione contrattuale di questi stessi enti sul mercato. Il fenomeno può dar vita alle seguenti figure: partecipazioni societarie reciproche, società collegate, società controllate e gruppi di società. In particolar modo, le partecipazioni reciproche possono determinare dei pregiudizi di natura simile a quelli prodotti dalla sottoscrizione e dall’acquisto di azioni proprie.

La fattispecie del Trustee socio con responsabilità limitata è frequente nella prassi professionale e non presenta profili di criticità. È, infatti, frequente che vengano inserite in Trust le quote di socio accomandante di una sas. È appena il caso di ricordare che, contestualmente alla disposizione, si modificano inoltre i patti sociali.

 Ovviamente, l’operazione determina una modifica dei patti sociali della Sas con il conseguente connesso costo notarile. Il trustee di un Trust, essendo socio accomandante, risponde esclusivamente nei limiti di quanto conferito nella società. I profili di criticità, invece, emergono quando il Trustee diventa un socio illimitatamente responsabile.

Si deve esaminare, in sostanza, il problema della responsabilità per le obbligazioni sociali nel caso in cui il trustee sia socio accomandatario di una s.a.s., o sia socio di una società in nome collettivo o di una società semplice.

Il codice civile prevede, per le società semplici, di rinunciare al ruolo di amministratore in cambio di una limitazione della responsabilità del socio. Secondo numerose leggi regolatrici del trust, qualora il trustee abbia informato il terzo che egli sta agendo in tale qualità, risponderà dei relativi debiti solo con i beni in trust. Si pensi, ad esempio, alla Legge di Jersey. In particolare, l’articolo 32 della Legge di Jersey (Responsabilità del Trustee verso terze parti) stabilisce che: “Where a trustee is a party to any transaction or matter affecting the trust – (a) if the other party knows that the trustee is acting as trustee, any claim by the other party shall be against the trustee as trustee and shall extend only to the trust property; (b) if the other party does not know that the trustee is acting as trustee, any claim by the other party may be made against the trustee personally (though, without prejudice to his or her personal liability, the trustee shall have a right of recourse to the trust property by way of indemnity).”

Anche se sussistente e/o inserita nell’atto istitutivo di un trust tale limitazione sopra indicata, la stessa non potrà essere idonea a superare il principio di “non violazione delle norme iperattive, ordine pubblico ecc.”!

La stessa legge di ratifica della Convenzione de L’Aja prescrive che è tutto ammissibile, flessibile purché non contrastante con le norme inderogabili di diritto interno.

Volendo ancora approfondire il caso del trustee socio illimitatamente responsabile, ci si può chiedere se sia possibile affermare che il trustee, socio illimitatamente responsabile di una società di persone, risponda delle obbligazioni sociali solo con i beni in trust qualora, ad esempio, il trust sia regolato da una legge che prevede tale limitazione di responsabilità. La risposta deve intendersi come affermativa? 

Quando amministratore della società di persone è il trustee di un trust, i creditori sociali non potranno fare valere i loro diritti né sui beni costituenti il patrimonio personale del trustee né, se del caso, sui beni oggetto di altri trust dei quali costui rivesta l’ufficio di trustee.

Ma questa affermazione è scontata! È risaputo che il patrimonio personale del “trustee” è in aggredibile.

Ciò che non trova la mia condivisione è che il trust non possa rispondere con tutto il patrimonio per non violare i principi di tutela delle cd “norme imperative ed “ordine pubblico”.

La ns. sarà una visione  pur particolare ma  la giurisprudenza ha ritenuto che con l’accezione “ norme imperative “ siano quelle poste a tutela dei principi etici fondamentali dell’ordinamento, dell’interesse pubblico e cioè quando si è in presenza di norme che disciplinano quanto il legislatore ritiene fondamentale, categorico ed irrinunciabile, tanto da essere sottratto completamente all’autonomia privata, da valere erga omnes e da dover essere applicato anche d’ufficio per ragioni che trascendono l’interesse del singolo. In queste situazioni sono comprese, naturalmente, tutte le norme di carattere penale ovvero tutti gli accordi tesi a frodare la legge cioè a raggiungere una comune finalità contraria alla legge. Che anche l’accordo in frode alla legge non sia valido lo si ricava dalla norma generale (art. 1344 c.c.) che considera illecita la causa del contratto tesa ad eludere una norma imperativa.

In conclusione, pur rispettando l’altrui e diversa opinione un Trust non può essere “socio di società in nome collettivo”: diversamente il caso di detenzione di quote di “soci accomandanti” proprio per la struttura stessa e limitazione di responsabilità del socio.

Mauro Norton Rosati – Linktree