La fine delle Associazioni

Un modello oramai improponibile

Un modello oramai improponibile

Ricordo un colloquio che ebbi qualche anno fa  con un Funzionario dell'Agenzia delle Entrate, non importa di quale località, in occasione del quale, parlando di verifiche fiscali, egli mi disse (meglio, mi ammonì), che prima o poi "avrebbero visitato tutte le palestre". A distanza di tempo devo ammettere che la previsione (minaccia ?) si è puntualmente avverata. Ad oggi, non sono molte le "palestre", costituite come associazioni sportive dilettantistiche, che non abbiano provato la dolorosa esperienza e le traumatizzanti conseguenze che una verifica fiscale comporta, fra le quali,  non da ultima, la chiusura stessa dell'attività.

A scanso di equivoci, chiarisco che nel momento in cui parlo di "palestre" costituite come associazioni sportive dilettantistiche, di certo non alludo alla scuola di arti marziali che ha sede nel seminterrato del condominio dove operano un Maestro e venti allievi, nè al circolo di scacchi di Montebelluna (con tutto il rispetto dovuto per l'uno e per l'altro); alludo, invece, ad una struttura, di solito di medie dimensioni (300/400 o più metri quadrati), con 200 o più iscritti, dove operano, oltre al "presidente", due o più istruttori, dove si pratica il "fitness" nelle sue innumerevoli declinazioni; struttura che si promuove attraverso i canali classici (locandine, sito, riviste, inserzioni pubblicitarie su stampa e media locali, ecc. ecc.) ed al cui vertice si "perpetuano" le stesse persone spesso e volentieri legate da vincoli parentali.

Ecco, allorchè una struttura siffatta, riceve la non gradita visita dei Funzionari delle Agenzie delle Entrate, il finale è pressochè scontato: segue un pvc (processo verbale di constatazione) a più zeri, con disconoscimento dell'attività istituzionale e, in caso di utilizzo dell'opzione di cui alla Legge 398/91, alcuna rilevanza delle fatture di acquisto (leggi costi) perchè non annotati sul registro di cui al DPR 633/72 ecc. ecc. (al riguardo leggi passim sul nostro sito).

Le contestazioni che l'ADE rileva in questi casi sono note a tutti; sugli schemi utilizzati dai verificatori, simili in tutta la penisola, abbiamo scritto pagine e pagine nelle nostre circolari periodiche e ne abbiamo riportarto ampi esempi nei nostri convegni, così che oggi possiamo senza dubbio alcuno affermare che la veste giuridica dell'associazione non riconosciuta (tale è nella maggior parte dei casi quella adottata dalle "palestre" associazioni sportive dilettantistiche) è giunta al traguardo; se proprio volessimo, fra i tanti punti di criticità riscontrabili, indicarne uno, ci pare di poter concludere dicendo che il maggiore sia costituito dall'impossibilità di realizzare la "democraticità" della struttura, estrinsecandosi essa in assemblee cui partecipano un numero esiguo di "associati".

Per queste entità, se intendono salvaguardarsi e proseguire la loro attività, appare obbligata la scelta di una nuova veste giuridica, che tuteli, in primis,  i patrimoni, dei soci fondatori e legali rappresentanti, e che, successivamente, ponga una netta distinzione fra "soci" e "tesserati": tale risulta essere, allo stato attuale,  la società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata ex art. 90 della legge 289/2002; il tutto nell'attesa che il Legislatore intervenga massicciamente a riformare il settore, con il doveroso intervento del CONI e degli Organismi Sportivi (leggi Federazioni, Enti di Promozione Sportiva, ecc.), pena la chiusura di molti sodalizi  a danno della collettività che non troverebbe spazi per praticare sport a prezzi accessibili.

Verona, 25 febbraio 2013

                                                                                                               Leonardo Ambrosi