Linee Guida per una Riforma del Terzo Settore

Linee Guida per una Riforma del Terzo Settore
Un invito non ricevibile

Ad un mese di distanza dal suo intervento in occasione del Festival del Volontariato (Lucca, 10-13 aprile), il premier Renzi, come promesso, ha pubblicato le “Linee Guida per una Riforma del Terzo Settore” (vedi allegato), al fine di conoscere le opinioni di chi “con altruismo opera tutti i giorni nel Terzo Settore, così come di tutti gli stakeholder (leggi soggetti portatori di interesse, ndr) e i cittadini sostenitori o utenti finali degli enti del no-profit”.

Per inviare le proposte ed i suggerimenti si potrà scrivere, all'indirizzo di posta elettronica, appositamente attivato dal Governo,  terzosettorelavoltabuona@lavoro.gov.it; attenzione però: la consultazione sarà aperta dal 13 maggio al 13 giugno.

L’intento del Governo è quello di ascoltare la voce dei protagonisti prima di intervenire con l’adozione di un disegno di legge delega da attuare in tempi brevi per un complessivo riordino del Terzo Settore; i punti sui quali si chiede la collaborazione sono:

-        Ricostruire le fondamenta giuridiche, definire i confini e separare il grano dal loglio (piante erbacee spontanee e infestanti, ndr);

-        Valorizzare il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale;

-        Far decollare l’impresa sociale;

-        Assicurare una leva di giovani per la “difesa della Patria” accanto al servizio militare; il Servizio civile nazionale universale, da disciplinare sulla base di alcuni criteri;

-        Dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del terzo settore, anche qui attraverso una serie di provvedimenti.

Penso, a questo punto, dopo aver letto l’intero documento delle “Linee Guida” per la riforma del Terzo Settore, e con un mese a disposizione, come possa aver accolto l’invito del Governo, il Dirigente Sportivo della squadra di calcio di Novellara, così come pure l’Avvocato Tributarista con Studio in Piazza Duomo a Milano; il primo, verosimilmente, si sarà fermato alle prime 10 righe del documento, concludendo che non è cosa sua; il Professionista, invece, avrà pensato alle norme della Costituzione e del Codice Civile, alle discipline civilistiche e fiscali generali,  alle Associazioni antiusura, bandistiche, dei consumatori, di promozione sociale, sportivo dilettantistiche, alle cooperative sociali, agli Enti Ecclesiastici, alle fondazioni bancarie, lirico-sinfoniche, universitarie, alle imprese sociali, agli Istituti di Patronato, alle Onlus, alle Organizzazioni di Volontariato, a quelle Non Governative, alle Reti d’impresa, alle Società di mutuo soccorso, ai Trust, e via discorrendo, per poi concludere che forse neppure una vita sarebbe sufficiente a produrre un documento appena apprezzabile.

Nel corso degli anni il Legislatore ha sistematizzato, tra le altre, talune figure tipiche degli enti non profit, quali le Organizzazioni di Volontariato (Legge 266/91), le cooperative sociali (Legge 381/91), aggiungendo poi di seguito, sul versante squisitamente tributario, il Decreto Legislativo n. 460 del 4 dicembre 1997, dove ha sistematizzato la grande distinzione tributaria di tutti gli enti non profit tra enti commerciali ed Onlus.

Successivamente c’è stato un continuo susseguirsi di norme civilistiche, norme speciali, norme regionali, norme fiscali (si pensi alla Legge 398/91) a cui si sono aggiunti centinaia di interventi di prassi tributaria e non, da parte delle Amministrazioni competenti, sentenze giurisprudenziali, talvolta, se non spesso, in contrasto tra di loro.

Tutti questi interventi hanno contribuito alla caotica costruzione dell’attuale sistema giuridico e fiscale del non profit italiano che definire complesso è dire poco e nel quale anche l’Associazione corretta ed in buona fede fa fatica a districarsi.

Parallelamente è in corso, da parte degli Organi preposti alle verifiche fiscali (Agenzia delle Entrate, GDF, SIAE), nonostante le raccomandazioni del Direttore dell’ADE Attilio Befera, di non perseguire le “formalità” ma di dedicarsi ai casi di “vera e sostanziale elusione fiscale” , una “caccia” alle Associazioni , anche di modeste dimensioni, con il solo e dichiarato intento di “fare cassa”.

Ergo, caro Renzi, prima di chiudere “aiuto” e collaborazione al Terzo Settore, occorrerebbe fissare le “regole del gioco” e stabilire, con chiarezza, i “comportamenti fiscali” che un’Associazione deve tenere; nelle linee guida, purtroppo, poco spazio è dedicato a questo basilare argomento: a pagina 3, fra i punti sui quali si chiede la collaborazione, si ricorda il “regime di contabilità separata tra attività istituzionale e imprenditoriale”; qua e là , poi si richiama, genericamente,  la necessità di “armonizzare le agevolazioni e i benefici di legge riconosciuti alle diverse forme del non profit”, ovvero di “riordinare le diverse forme di fiscalità di vantaggio per gli enti del terzo settore, con riferimento ai regimi sia delle imposte dirette che indirette”: pochi spunti, insomma, per un vaso di Pandora che, aperto, nasconde molti più problemi di quanti l’ottimismo renziano pare avere riscontrato.

La volontà di “costruire un nuovo Welfare partecipativo, fondato su una governance sociale allargata alla partecipazione dei singoli, dei corpi intermedi e del terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, al fine di ammodernare le modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi del welfare, rimuovere le sperequazioni e ricomporre il rapporto stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi di equità , efficienza, e solidarietà sociale” , così come l’obiettivo di “premiare in modo sistematico con adeguati incentivi e strumenti di sostegno tutti i comportamenti donativi o comunque prosociali dei cittadini e delle imprese, finalizzati a generare coesione e responsabilità sociale” fanno parte di quelle buone intenzioni di cui è lastricata la via di quel posto che Lei, concittadino del Sommo Poeta, dovrebbe ben conoscere.

Un’ultima annotazione sul progetto di leva di giovani per la “difesa della Patria” accanto al servizio miliare (Servizio Civile Nazionale Universale) fino ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio: jobs act o, semplicemente, una nuova categoria di “precari” ?

Verona, maggio 2014

                                                                                                                                                      Leonardo Ambrosi