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FISIOTERAPISTI ESCLUSI DALLA PRESUNZIONE FORNERO
Lo ha chiarito il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’interpello n. 16/2014, ha chiarito che l’attività svolta dai fisioterapisti (diplomati o iscritti negli elenchi istituiti dalle regioni) può considerarsi esclusa dall’applicazione della “presunzione di parasubordinazione” delle c.d. “false partite IVA”, in quanto considerato un professionista a tutti gli effetti.
La Confindustria ha avanzato istanza d’interpello per conoscere la corretta interpretazione della disciplina di cui all’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003, concernente le prestazioni di lavoro autonomo espletate dai soggetti titolari di partita IVA. In particolare, è stato chiesto se la presunzione relativa di parasubordinazione, contemplata dalla citata disposizione, possa trovare applicazione nei confronti della categoria professionale dei fisioterapisti, laddove ricorrano i presupposti previsti dalla medesima norma.
In via preliminare, il Ministero del Lavoro richiama le norme per contrastare l’utilizzo “distorto” dello strumento delle c.d. partite IVA (art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003). La normativa, in particolare, disciplina una presunzione di parasubordinazione in virtù della quale è possibile ricondurre le prestazioni di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c. nell’ambito della diversa forma di natura autonoma della co.co.pro. di cui agli artt. 61 e ss. del citato Decreto. Tale presunzione trova applicazione in presenza di determinate condizioni di legge fissate dalla Riforma Fornero (L. n. 92/2012), salvo prova contraria da parte del committente. La stessa presunzione risulta invece esclusa, ex art. 69 bis, comma 2, nelle ipotesi in cui la prestazione implichi competenze teoriche di grado elevato ovvero capacità tecnico-pratiche, acquisite attraverso rilevanti esperienze e sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali. La presunzione non opera, inoltre, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, in relazione “alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni”.
La risposta del Ministero del Welfare è negativa. A tale conclusione si giunge attraverso l’interpretazione dell’art. 2 del Decreto del Ministero della Sanità del 14 settembre 1994, n. 741, dal quale si evince che “il diploma universitario di fisioterapista abilita all’esercizio della professione”. L’attestato, infatti, viene rilasciato a seguito del completamento del corso di studi e del superamento di un esame finale che involge la valutazione di una specifica commissione costituita presso l’Università. Quindi, il possesso di tale diploma costituisce requisito indispensabile ai fini dell’iscrizione negli elenchi professionali dei fisioterapisti, laddove istituiti con legge regionale. Ciò detto, il MLPS ritiene che l’attività svolta dai fisioterapisti possa essere ricompresa nell’ambito delle prestazioni professionali di cui all’art. 69 bis, comma 3, con la conseguente esclusione dall’applicazione della presunzione, solo nella misura in cui gli stessi risultino in possesso del diploma abilitante, nonché iscritti in appositi elenchi professionali, tenuti e controllati da parte di una amministrazione pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.