DETRAZIONE IVA SULLE SPONSORIZZAZIONI AL 50%
Una vittoria di Pirro ?
Una delle contestazioni che viene fatta dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza riguarda la differenza percentuale di forfettizzazione delle detrazioni dell’iva fra sponsorizzazioni (10 per cento) e pubblicità (50%). Finora sentenze discordanti della stessa Cassazione avevano aperto la strada a varie interpretazioni, contenziosi e multe salate per i sodalizi sportivi. Finalmente il Consiglio dei Ministri ha varato un Decreto Legislativo che all’art. 29 (che introduce delle modifiche al sesto comma dell'articolo 74 del DPR 633/72) prevede l'unificazione forfettaria dell'IVA al 50% sia per i proventi derivanti da pubblicità sia da sponsorizzazioni, ovviamente per le associazioni che abbiano optato per il regime forfetario ex lege 398/91.
Questa (apparente) vittoria dello sport dilettantistico non deve però trarre in inganno: i Dirigenti Sportivi e quelli dell’area Profit (leggi imprese commerciali) sanno che è divenuto sempre più difficile dedurre spese di pubblicità e sponsorizzazione sia per l’accoglienza che viene riservata dall’Amministrazione finanziaria in sede di un eventuale controllo sia per le varie prese di posizione della Giurisprudenza di merito sull’argomento.
Come noto, Il comma 8 dell’art. 90 della Legge n. 289 del 2002, prevede che i corrispettivi in denaro o in natura erogati in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche, fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, non superiori all’importo annuo di 200.000 euro, costituiscono per il soggetto erogante “spese di pubblicità”.
La disposizione in esame introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate, sempre nel limite del predetto importo, comunque di pubblicità, pertanto integralmente deducibili, per il soggetto erogante, nell’esercizio, o nei successivi quattro esercizi.
A minare le basi di tale presunzione assoluta, ci ha pensato, dapprima, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.21/E del 22 aprile 2003 che ha chiarito che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla CONCOMITANTE PRESENZA DI DUE FATTORI:
1. i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
2. deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima.
Per verificare quanto sopra, L’Agenzia delle Entrate ha da tempo incrociato gli elenchi clienti delle associazioni con le dichiarazioni delle società che le sponsorizzano, contestandone, in molti casi, l’antieconomicità delle spese, ritenendole di sovente “inutili” ai fini del conseguimento degli obiettivi aziendali. Questo è accaduto soprattutto in relazione ad associazioni e società sportive dilettantistiche per le quali sono concesse sponsorizzazioni fino a 200 mila euro. Giacché, come si è detto, si presume che le spese di questo tipo siano “spese di pubblicità” fino a 200 mila euro, l’Amministrazione Finanziaria non potendo “riqualificare” le spese di sponsorizzazione ne ha contestato l’antieconomicità, dunque il carattere fittizio.
Raccomandiamo pertanto, come sempre facciamo in occasione dei nostri Convegni e nelle nostre Circolari di:
- redigere in forma scritta l’accordo di sponsorizzazione fornendo ogni dettaglio in merito all’oggetto della sponsorizzazione, alle modalità di espletamento, alle prestazioni a carico delle parti, alla durata, alle modalità di pagamento che dovrà avvenire con metodi tracciabili, anche se inferiori alla soglia di non obbligatorietà dei 516,45 euro, ecc., ecc.;
- conservare tutta la documentazione ritenuta utile a prova del fatto che gli obblighi contrattuali siano stati effettivamente adempiuti (conservando, per esempio, manifesti, striscioni, magliette riportanti il logo dello sponsor, riprese televisive, ecc.), al fine di disporre di quanto necessario a provare, in sede di eventuale contestazione, l’effettività della sponsorizzazione;
- fornire prova della ratio della sponsorizzazione effettuata e del suo legame con il programma economico imprenditoriale, specificando l’obiettivo perseguito con la spesa in questione ed evidenziando il ritorno commerciale che si spera di ottenere. In tal modo viene facilitata l’Amministrazione Finanziaria, prima, e i giudici, poi, nell’individuazione di ogni elemento utile a qualificare la sponsorizzazione quale spesa di pubblicità.
Da ultimo, la Cassazione, con ordinanza n. 14252 del 23 Giugno 2014, ha ribadito che le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti dell’art. 108 Tuir in quanto accrescono il prestigio dell’impresa, sempre che non se ne provi un ritorno commerciale diretto.. La Giurisprudenza, quindi, ha infatti individuato nell’aspettativa di ritorno commerciale il criterio determinante al fine di distinguere le spese di rappresentanza da quelle di pubblicità: mentre le prime sono contraddistinte da un’aspettativa di un ritorno commerciale indiretto, considerato come rafforzamento delle possibilità di sviluppo dell’impresa con la crescita del merito e dell’immagine, quelle di pubblicità, invece, sono volte a un ritorno commerciale diretto con l’aumento, più o meno immediato, delle vendite (leggi incremento del fatturato).