Legge di Stabilità 2015

SPLIT PAYMENT

SPLIT PAYMENT
Conseguenze per le Associazioni in regime 398

PREMESSA

Il Governo, con le disposizioni normative contenute nella legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge di stabilità per il 2015), al fine di contrastare fenomeni di evasione fiscale in materia di Iva, ha introdotto, accanto al meccanismo del reverse charge (inversione contabile) quello dello split payment, che risponde alla traduzione italiana di “scissione dei pagamenti”.

Al pari del reverse charge, anche tale meccanismo comporta, sul piano operativo, l’assolvimento di una serie di adempimenti cui gli operatori economici (enti profit e non profit) dovranno sottostare, per cui è bene soffermarsi sugli aspetti pratici che tale operazione comporta al fine di rendere edotti gli utenti circa il corretto comportamento amministrativo-contabile da adottare.

COSA E’ LO SPLIT PAYMENT

A partire dalle operazioni effettuate dal 01.01.2015, le forniture di beni e le prestazioni di servizi eseguite a favore della Pubblica Amministrazione devono avvenire con il sistema dello split payment (letteralmente: scissione dei pagamenti), consistente nell’addebito dell’Iva in fattura da parte del soggetto passivo dell’operazione, ma con versamento dell’imposta a carico dell’acquirente.

Nella sostanza, l’operazione, così come accade per il reverse charge, opera una traslazione degli oneri tributari in materia di Iva dal cedente, su cui di norma tali oneri ricadono (contribuenti di diritto), al cessionario (contribuente di fatto), secondo la logica ormai sempre più radicata nel nostro sistema tributario secondo cui l’onere dell’imposta viene fatto ricadere sul soggetto che per l’Amministrazione Finanziaria viene considerato più affidabile ai fini dell’assolvimento degli obblighi tributari legati all’Iva (in tal caso la Pubblica Amministrazione).

Tecnicamente la modifica si inserisce nell’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, il quale dispone: “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi […], delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze […]”.

Per effetto di tale disposizione, il fornitore dovrà emettere fattura nei confronti dell’ente pubblico addebitando l’IVA come precedentemente previsto, mentre la Pubblica Amministrazione dovrà, da una parte versare al fornitore il compenso (l’imponibile Iva), e dall’altra versare all’erario l’imposta sul valore aggiunto.

ADEMPIMENTI E ASPETTI OPERATIVI

In base a quanto previsto dal dettato legislativo, sul piano operativo l’operazione si articola in una serie di passaggi di seguito schematizzati:

1) il fornitore emette la fattura nei confronti dell’Ente pubblico addebitando l’IVA a titolo di rivalsa ex art. 18, DPR n. 633/72. In fattura va annotato che l’IVA è versata dall’Ente pubblico ai sensi dell’art. 17-ter DPR n. 633/72, con una dicitura di questo genere: Operazione assoggettata a “split payment” con IVA non incassata dal cedente, ai sensi dell’art. 17-ter D.P.R. 633/1972;

2) il cliente (Ente pubblico) effettua 2 distinti pagamenti (o meglio “splitta” il pagamento in 2), ossia:

a - versa al fornitore il corrispettivo della cessione di beni / prestazione di servizi (senza IVA);

b - versa all’Erario l’IVA.

L’Iva all’atto del pagamento della fattura non concorre alla determinazione del saldo della liquidazione periodica in capo al cedente/prestatore, in quanto il relativo versamento è effettuato direttamente all’Erario da parte dell’Ente pubblico.

Di seguito si riporta un caso esemplificativo che meglio rende l’idea degli adempimenti previsti dallo split payment. Si supponga che la ASD ALFA emetta in data 25.02.2015 una fattura al Comune di Verona per un importo pari a € 1.000 + Iva 22% riportante la dicitura Operazione assoggettata a “split payment” con IVA non incassata dal cedente, ai sensi dell’art. 17-ter D.P.R. 633/1972

Si ipotizzi che il Comune paghi la fattura in data 25.03.2015. In tale occasione verserà alla ASD ALFA soltanto l’ammontare dell’imponibile pari ad € 1.000,00 e tratterrà l’IVA di € 220,00 che provvederà a versare, mediante determinate modalità operative fissate dall’Amministrazione Finanziaria, direttamente all’Erario.

Per quanto riguarda la ASD ALFA, dalla liquidazione periodica IVA del primo trimestre 2015 dovrà essere “stornata” l’IVA a debito non incassata il cui versamento all’Erario è a carico del Comune.

AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLO SPLIT PAYMENT

Con la circolare dell’Agenzia delle Entrate 09.02.2015 n. 1/E, l’Amministrazione Finanziaria ha individuato in modo più puntuale rispetto alla Legge di Stabilità 2015 i soggetti destinatari dello split payment, facendo riferimento alla seguente elencazione:

• Stato e altri soggetti qualificabili come organi dello Stato, ancorché dotati di autonoma personalità giuridica, ivi compresi, ad esempio, le istituzioni scolastiche e le istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM). Tali soggetti, infatti, ancorché dotati di personalità giuridica, devono considerarsi a tutti gli effetti Amministrazioni statali, in quanto del tutto compenetrati nell’organizzazione dello Stato in ragione di specifici elementi distintivi (Circolare MEF – Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato n. 16/2003 e Parere dell’Avvocatura dello Stato n. 14720/2001);

• Enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane) e consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 31, TUEL di cui al D.Lgs. n. 267/2000. Sono riconducibili in tale categoria anche gli altri enti locali indicati dall’art. 2, D.Lgs. n. 267/2000, ossia Comunità montane, Comunità isolane e Unioni di Comuni. Si tratta, infatti, di Enti pubblici costituiti per l’esercizio associato di una pluralità di funzioni o di servizi comunali in un determinato territorio, i quali, pertanto, in relazione ad essi, si sostituiscono agli stessi Comuni associati;

• CCIAA; sono ricomprese anche le Unioni regionali delle CCIAA alle quali è obbligatorial’adesione in forza della Riforma di cui al D.Lgs. n. 23/2010;

• Istituti universitari;

• Aziende sanitarie locali. Atteso che in alcune Regioni sono stati costituiti degli Enti pubblici che sono subentrati ai soggetti del SSN nell’esercizio di una pluralità di funzioni amministrative e tecniche, anche tali Enti devono essere ricondotti nell’ambito applicativo della norma in commento. Si tratta, infatti, di Enti pubblici che si sostituiscono integralmente alle ASL e agli Enti ospedalieri nell’approvvigionamento di beni e servizi destinati all’attività di questi, svolgendo tale funzione esclusivamente per loro conto;

• Enti ospedalieri, ad eccezione degli Enti ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera, i quali, ancorché dotati di personalità giuridica, operano in regime di diritto privato;

• Enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico (IRCCS);

• Enti pubblici di assistenza e beneficenza, ossia, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP);

• Enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza).

Al fine di individuare in modo più puntuale gli Enti pubblici destinatari dello split payment, “per ragioni di semplicità operativa e per dare maggiori elementi di certezza agli operatori” è possibile avvalersi dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) consultabile al seguente indirizzo http://indicepa.gov.it/documentale/ricerca.php

Non sono interessati dallo split payment i seguenti soggetti:

• Enti previdenziali privati o privatizzati in quanto la “natura pubblica” costituisce un requisito indispensabile ai fini dell’applicazione del metodo in esame;

• Aziende speciali (incluse quelle delle CCIAA) ed Enti pubblici economici, operanti con “un’organizzazione imprenditoriale di tipo privatistico nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi, ancorché nell’interesse della collettività”;

• Ordini professionali, Enti ed istituti di ricerca, Agenzie fiscali, Autorità amministrative indipendenti (ad esempio, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM), Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), Automobile club provinciali, Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO). Trattasi, infatti, di “enti pubblici non economici, autonomi rispetto alla struttura statale, che perseguono fini propri, ancorché di interesse generale, e quindi non riconducibili in alcuna delle tipologie soggettive annoverate dalla norma in commento”.

Si ricorda, inoltre, che la scissione dei pagamenti non trova applicazione:

- quando l’ente pubblico è debitore d’imposta (es. operazioni soggette a Reverse Charge ai sensi dell’art. 17 comma 6 del D.P.R. n. 633/1972);

- per le prestazioni di servizi assoggettate a ritenute alla fonte a titolo di imposta/d’acconto sul reddito (es. prestazioni rese da professionisti o da agenti).

CONSEGUENZE DERIVANTI DALLO SPLIT PAYMENT

Così come strutturato, il meccanismo dello split payment comporta, accanto al già citato effetto positivo di repressione di fenomeni di evasione fiscale in sede di riscossione dell’Iva, una serie di problematiche conseguenze sia dal lato del fornitore che della Pubblica Amministrazione.  Quanto al primo, il fatto di incassare solo l’imponibile e non l’IVA comporta in primo luogo un adeguamento di software contabili al fine di prevedere le opportune registrazioni ai sensi dell’art. 17 ter nei registri vendite con la non previsione del versamento di tale IVA da parte del fornitore, poiché già versata dalla Pubblica Amministrazione. Adeguamenti si renderanno necessari anche per i software fiscali e le modulistiche relative alle dichiarazioni IVA/2016 al fine di permettere di porre in essere gli adempimenti in maniera corretta. Una delle più gravi conseguenze, però, si registra sul piano della liquidità del fornitore, in quanto con la compressione dell’IVA a debito in sede di liquidazione periodica, data dal fatto che lo stesso non potrà più detrarre dall’Iva incassata sulle vendite l’Iva pagata sugli acquisti, si creeranno situazioni creditorie nei confronti dell’erario, soprattutto per quei fornitori che operano prevalentemente od esclusivamente con la Pubblica Amministrazione. Per compensare tale situazione il Legislatore ha previsto che ai cedenti/prestatori cui si applica lo split payment è riconosciuto il rimborso del credito IVA “in via prioritaria”, limitatamente al credito rimborsabile relativo a tali operazioni.

Per la PA, alla quale spetta il compito di versare l’IVA per conto del fornitore, le conseguenze sul piano tecnico (come gli adeguamenti dei software) non risultano dissimili da quelle già evidenziate per i fornitori. Certamente più problematico sarà capire come lo split payment si interfaccerà con la fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione, questione, questa, che meriterebbe un approfondimento più puntuale e che in tale sede si tralascia per non trascurare le priorità che si pone la presente circolare.

DECORRENZA

Data la non previsione dello split payment da parte della normativa comunitaria contenuta nella Direttiva n. 2006/112/CE, l’applicazione dello stesso è subordinata al rilascio di una specifica autorizzazione in deroga da parte dell’UE, così come previsto dall’art. 395 della citata Direttiva. Il legislatore ha deciso di “anticipare” l’applicazione delle nuove disposizioni “nelle more” dell’autorizzazione UE. Ciò implica che nel caso in cui l’UE dovesse “bocciare” tale meccanismo, si avrebbero ulteriori conseguenze dovute al passaggio dal nuovo sistema costruito sul modello dello split payment al sistema previgente, con una serie di casi che si troverebbero in una sorta di limbo senza trovare, come spesso accade, adeguata regolamentazione giuridico-fiscale, e per tale ragione suscettibili di essere sanzionati dall’Amministrazione Finanziaria.

LO SPLIT PAYMENT E LE ASSOCIAZIONI IN REGIME 398/1991

Come poco sopra accennato, l’applicazione dello split payment comporta una serie di conseguenze negative che si amplificano nel caso di società di capitali sportive dilettantistiche, associazioni sportive dilettantistiche e, più in generale, di tutte le associazioni senza scopo di lucro che applicano il regime forfettario della legge n. 398/1991.

Com’è noto, infatti, per tali soggetti l’Iva da versare è determinata in maniera forfetaria con l’applicazione di una detrazione pari al 50% dell'imposta relativa alle operazioni imponibili. La stessa percentuale si applica, a decorrere dal 13 dicembre scorso, anche alle prestazioni di sponsorizzazione (in precedenza la detrazione era limitata al 10%), mentre per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica la detrazione compete in misura pari al 33% dell'imposta relativa alle operazioni stesse.

Ed è proprio nel meccanismo della detrazione forfetaria che viene riconosciuto il vantaggio fiscale di cui alla L. n. 398/1991, in quanto una quota parte dell’Iva incassata sulle fatture emesse è trattenuta dall’ente (contabilmente, tale importo determina una sopravvenienza attiva).

Facendo un esempio, per la fattura di un servizio di 1.000,00 euro con Iva pari a 220,00, si dovranno versare all’Erario 110,00 euro mentre altri 110,00 verranno mantenuti nelle casse dell’associazione.

Risulta chiaro, quindi, che il meccanismo dello split payment, che non prevede la liquidazione dell’imposta indicata in fattura al soggetto cedente o prestatore, determina una duplice situazione di problematicità: da un lato si arreca, come già in precedenza evidenziato, un danno finanziario per coloro che applicano il regime forfettario della L. n. 398/1991; dall’altro si viene a determinare un indebito arricchimento per l’Erario, in quanto a seguito della scissione dei pagamenti questi incamera l’importo totale dell’Iva in luogo della percentuale forfetizzazione prevista dalla legge 398/1991. Tornando all’esempio, l’Erario incasserebbe tutti i 220,00 euro relativi all’Iva quando invece, applicando la legge, avrebbe diritto ad incassarne solo la metà.

Alla luce di quanto appena esposto, quindi, perderebbe senso anche l’equiparazione della percentuale di detrazione forfetaria dell’Iva al 50% per le sponsorizzazioni a quella già prevista per la pubblicità, introdotta dall’art. 29 del Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 (Decreto semplificazioni fiscali).

Per evitare che le norme contenute nella legge 398/1991 (e le successive modifiche subite) cui ha optato la stragrande maggioranza delle associazioni, vengano svuotate del senso che il legislatore ha voluto dar loro (creare condizioni favorevoli sul piano fiscale per lo sviluppo del settore non profit), l’Amministrazione Finanziaria dovrà farsi carico, si spera in tempi celeri, di fornire adeguati chiarimenti in merito, magari prevedendo delle azioni correttive che possano mettere i soggetti in regime 398 in condizioni tali da non subire alcuna defalcazione.