Le A.S.D. e la perdita della qualifica di ente non commerciale

Le A.S.D. e la perdita della qualifica di ente non commerciale
Analisi della recente Giurisprudenza

Si prendono in considerazione in quest’articolo una pronuncia della Commissione Tributaria, una ordinanza della Corte di Cassazione ed una sentenza sempre dei giudici del “Palazzaccio”: 3 differenti casi in esame, e 3 contestazioni della qualifica di ente non commerciale operate dall’Agenzia delle Entrate.

Da siffatto raffronto ne risulta una interessante analisi delle motivazioni addotte dall’Agenzia delle Entrate per giustificare la perdita della qualifica di ente non commerciale; tali motivazioni vanno dall’analisi del Centro sportivo in cui l’associazione operava, al controllo sui verbali dell’associazione, sulle domande di ammissione e sulla democrazia interna della A.S.D., ed in alcuni casi sono da ritenersi pacifiche, in altri ben dubbie (come la mancanza di un regolamento interno).

In ogni caso, il filo conduttore che si vuole dare alla lettura di questi provvedimenti è principalmente la sensibilizzazione verso una sempre più seria, accurata e corretta gestione delle Associazioni sportive dilettantistiche al fine di non incorrere in problematiche fiscali.

 

1) SENTENZA N. 3/2018, 2° SEZIONE DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI NOVARA

La contestazione in diritto della qualifica di ente non commerciale:

L’Agenzia delle Entrate riteneva che i compensi erogati dalla A.S.D. non potessero godere del trattamento ex lege n. 133/1999 - norma che ha introdotto importanti agevolazioni per le A.S.D., tra cui l’aumento del limite massimo dei proventi fissato per poter fruire delle agevolazioni fiscali (all’epoca 360 milioni di lire) – in quanto il Centro sportivo non era in possesso dei requisiti di legge per poter usufruire delle agevolazioni previste per le Associazioni Sportive Dilettantistiche. Quindi, le somme venivano qualificate come redditi diversi ed assoggettati a tassazione.

La pronuncia:

Le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI non possono mai perdere la qualifica di Ente non commerciale; il CONI, infatti, è l’unico garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo nazionale ed il riconoscimento ai fini sportivi, rilasciato da questo organismo, preclude la perdita dei benefici concessi alle A.S.D.”.

Le motivazioni:

Il collegio provinciale di Novara ha accolto il ricorso presentato dall’Associazione sportiva annullando l’accertamento. Le motivazioni vertono su due principi: il primo è quello relativo all’articolo 90 della Legge n. 289/2002, il quale prevede espressamente che la perdita della qualifica di ente non commerciale di cui all’articolo 149 del TUIR n. 917/1986 (secondo quanto previsto dal comma numero quattro di questo stesso articolo 149) non opera nei confronti degli Enti Ecclesiastici e delle A.S.D.; il secondo trae origine dall’articolo 7 della Legge n.136/2004 che specifica come “il CONI sia l’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società ed associazioni sportive dilettantistiche e come le disposizioni di cui all’articolo 90 della Legge n.289/2002 si applichino alle associazioni sportive dilettantistiche che siano in possesso del riconoscimento sportivo rilasciato dal CONI, quale garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo nazionale”.

 

2) ORDINANZA 24 NOVEMBRE 2017, N. 28175, CORTE DI CASSAZIONE

Il giudizio su cui era stato mosso appello:

Con sentenza del 15 gennaio 2015 la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte accoglieva l’appello proposto da una A.S.D. del Piemonte e respingeva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 53/4/13 della Commissione tributaria provinciale di Asti che aveva parzialmente accolto il ricorso di detta Associazione contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA ed altro 2007. L’Agenzia delle Entrate, invece, aveva richiesto il disconoscimento dei presupposti di applicabilità del regime agevolato di cui la A.S.D. godeva.

La contestazione in diritto della qualifica di ente non commerciale:

Si contesta la motivazione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte che ha ritenuto unico e sufficiente presupposto di applicabilità del regime fiscale agevolato delle associazioni sportive dilettantistiche la sola circostanza che la contribuente fosse affiliata al CONI/alla FIGC, registrata nel Registro nazionale delle ASD e svolgesse regolarmente l’attività sportiva e le competizioni organizzate da detti Enti di promozione sportiva e non invece l’analisi di merito documentata dalla stessa Agenzia che lamentava violazione/falsa applicazione degli artt. 148, TUIR, 4, d.P.R. 633/1972, 1, legge 398/1991.

La pronuncia:

Premesso che, “avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico”, e che “l’intimata associazione non si è difesa”, la Cassazione accoglie in pieno il ricorso dell’Agenzia delle Entrate rilevando che “La sentenza impugnata è chiaramente contrastante con i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali sia perché ha ritenuto presupposto sufficiente per l’applicazione del regime fiscale agevolato de quo l’affiliazione al CONI ed alla FIGC sia perché ha completamente omesso qualsiasi considerazione sulla conformazione statutaria dell’associazione contribuente alle specifiche prescrizioni date dall’art. 148, TUIR ed altresì sull’effettiva attuazione delle previsioni statutarie stesse, essendo stato ciò contestato con l’avviso di accertamento impugnato e non contro provato dalla contribuente medesima.

Le motivazioni:

«In tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall’elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto estrinseco e neutrale dell’affiliazione alle federazioni sportive ed al Coni» (Sez. 5, Sentenza n. 16449 del 05/08/2016, Rv. 640774 – 01);

«Affinché un’associazione sportiva dilettantistica possa beneficiare delle agevolazioni fiscali previste in materia di IVA e di IRPEG, rispettivamente, dall’art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e dall’art. 111 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non è sufficiente la sua astratta sussumibilità in una delle categorie previste da tali norme, ma è necessario che essa dia prova di svolgere la propria attività nel pieno rispetto di tutte le prescrizioni imposte da esse» (Sez. 5, Sentenza n. 8623 del 30/05/2012, Rv. 622732 – 01).

 

3) SENTENZA DEL 07/02/2018, N° 10393, CORTE DI CASSAZIONE

Il giudizio su cui era stato mosso appello:

la Commissione Tributaria Provinciale, di Treviso, aveva antecedentemente respinto il ricorso dell’associazione, cui la Commissione Regionale dava invece ragione accogliendone l’appello. Conseguentemente ricorreva quindi per Cassazione l’Agenzia delle Entrate.

La contestazione in diritto della qualifica di ente non commerciale:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione denunciando “… violazione e/o falsa applicazione dell'art. 90, commi 17 e 18, della  legge n. 289/2002 e dell'art. 148 del d.P.R. n. 917/1986 (di seguito TUIR), in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere negato rilevanza indiziaria agli elementi, addotti nell'atto impositivo, sulla base delle risultanze del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, che inducevano a ritenere che l'ASD — che gestiva una palestra con piscina e termarium — operasse alla stregua di una vera e propria società commerciale”.

Tra tali elementi si notino: l'identico contenuto, nel corso degli anni, dei verbali dell'assemblea dei soci e del consiglio direttivo; mancanza delle delibere del Consiglio Direttivo (o di accettazione della domanda da parte del Presidente del Consiglio Direttivo) in ordine all'ammissione di nuovi soci con violazione diretta di quanto prescritto dallo Statuto; mancanza di regolamenti interni relativi all'attività sportiva; mancanza nei verbali di assemblea del conteggio dei soci presenti con verbali sistematicamente firmati solo dai medesimi due soli soci; assenza di adeguate modalità di convocazione  dell'assemblea, come peraltro confermato dalle dichiarazioni dei soggetti intervistati in sede di accesso; mancanza di locale idoneo ad ospitare tutti gli associati (circa 2400- 2500 persone); mancata utilizzazione della sigla "ASD" in tutte le comunicazioni (nei  rivolte agli associati e nei segni distintivi dell'associazione, nelle quali è dato rilievo alla parola "club"; mancata istituzione di un libro dei soci e di un libro cassa in formato cartaceo; assenza (in contrasto con quanto stabilito) dall'art. 2 dello Statuto, promosso o organizzato manifestazioni sportive; n) nella mancanza del vincolo associativo riscontrata dalla carenza dell'esercizio dei diritti e doveri connessi alla qualità di soci, alcuni dei quali, intervistati, si sono qualificati come "clienti"; o) nell'adozione di forme di pubblicità, di tariffe differenti, a seconda del servizio reso e di sconti e promozioni propri di una tipica società commerciale.

La pronuncia:

La Corte da ragione all’Agenzia delle Entrate e cassa la sentenza della Commissione Regionale perché quest’ultima, “muovendo dal presupposto che l'iscrizione nell'apposito registro tenuto dal CONI garantisse la sussistenza dei requisiti per il godimento del regime agevolativo … si è soffermata su una considerazione atomistica degli elementi, aventi per l'Ufficio valenza indiziaria … senza che ne fosse valutata la tenuta nel quadro di una valutazione complessiva degli stessi elementi raccolti”.

In parole più semplici, ad avviso della Corte la C.T.R. ha dato eccessiva importanza all’iscrizione nel Registro CONI, mentre invece ciò che devono e dovevano essere valutate dalla Commissione Regionale erano invece le effettive modalità di svolgimento dell’attività.

Le motivazioni:

La sentenza impugnata si è, dunque, posta in contrasto con i principi di diritto affermati da questa Corte in analoghe controversie, secondo cui:

a) «In tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione d'imposta prevista dall'art. 148 del d.P.R. n. 917/1986 in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall'elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma anche dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell'affiliazione al CONI» (cfr. Cass. sez. 5, 5 agosto 2016, n. 16449);

b) le suddette agevolazioni tributarie di cui all'art. 148 TUIR in favore di enti di tipo associativo commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, «si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell'atto costitutivo o nello statuto» (cfr. Cass.. sez. 5, 11 marzo 2015, n. 4872). 

 

Avv. Luca Romanella

Studio Leonardo Ambrosi & Partners