Lunedi sera 26 u.s. ero a Faenza, ospite del Comune e del “Coordinamento Faenza Sport” per intrattenere la platea sull’invitante tema costituito dalla domanda “Quale futuro per le Associazioni Sportive Dilettantistiche fra nuovi adempimenti e Terzo Settore?”; il titolo del mio intervento, tuttavia, al pari di quello del presente “punto di vista”, poteva essere tranquillamente rovesciato in “Quali Associazioni Sportive Dilettantistiche nel futuro fra nuovi adempimenti e Terzo Settore?”, perché, parliamoci chiaro, è oggi il modello associativo (e non solo nello sport!) a presentare elementi di criticità, molti dei quali non trovano risposte o soluzioni convincenti dal Legislatore provocando il progressivo allontanamento dal settore di numerosi operatori, soprattutto se di modeste dimensioni.
Come spesso capita, ad un quadro normativo confuso, fa da cornice una situazione politica di grande tensione che si sostanzia nella volontà dell’attuale maggioranza di Governo, di “occuparsi” (appropriarsi?) dello Sport, e di gestire con diverso metodo i cospicui fondi ad esso destinati tramite il CONI (circa 440 milioni per il 2019); “C’è una precisa, fortissima volontà della politica di oggi di trasformare il Comitato, il più prestigioso al mondo”, ha spiegato Malagò, secondo cui, con la riforma il Coni “diventa l’ultimo comitato olimpico del mondo, questo è sicuro, certificato, matematico. Conosco perfettamente la materia: nessun comitato al mondo si occupa solo della preparazione olimpica”.
Inoltre, prosegue l’attuale Presidente del massimo organismo sportivo, “perché una società partecipata al 100% dallo Stato (si allude alla costituenda Sport e Salute S.P.A destinata a sostituire la Coni Servizi) deve fisicamente dare i contributi alle federazioni? Se è solo un fatto di chi firma l’assegno io non lo capisco e non lo posso capire, se a monte c’è anche una volontà o l’imposizione di determinare un criterio nella scelta di come individuare i parametri per elargire questi contributi questo non si può accettare: sarebbe una scommessa al buio delegata a persone che vengono catapultate dall’oggi al domani in un’altra realtà”.
Così, il nostro sport dilettantistico, si trova, come Don Abbondio, nelle parti del vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, stretto fra interessi di parte e senza nessuno che ne protegga l’incolumità.
In questa situazione caotica, “delegata a persone che vengono catapultate dall’oggi al domani in un’altra realtà” (Malagò dixit), cosa ci dovremmo aspettare?
Gli avvenimenti che si sono succeduti nel corso dell’anno oramai a termine, sono troppo noti agli addetti ai lavori, né vale la pena ricordarli se non per brevi cenni.
Iniziamo dal D.L. 87/2018 (cosiddetto Decreto Dignità) che non si limitò ad abolire i commi che riguardavano (piacesse o meno) la cosiddetta Società Sportiva Dilettantistica Lucrativa, ma, spingendosi oltre, abrogò pure i commi riguardanti i compensi derivanti dai contratti di collaborazione coordinata e continuativa gettando nello sconforto più totale gli operatori del settore e riportandoli indietro alla legge 343 del 2000!
Con il 1° gennaio poi, finito il periodo di tolleranza, andavano in pieno vigore le delibere CONI 1566,1568, e 1569 e qui iniziavano le grandi manovre di alcuni Enti e Federazioni (nel colpevole silenzio del CONI) volte a far rientrare dalla finestra quanto uscito dalla porta: divenivano così di uso comune, in luogo delle discipline abrogate, termini alternativi e succedanei quali “Aequilibrium” (FGI lettera del 7/9/17), “interpretazioni autentiche (perché, esistono anche quelle contraffatte?) della definizione delle Attività con sovraccarichi e resistenze finalizzate ….ecc. ecc.” (Delibera FIPE 21/5/17); con esse trovava nuovo vigore (eundo acquirit vires) il “Corsificio” o “Diplomificio” Italia S.p.A che dir si voglia, senza esclusione di colpi fra gli stessi Enti, ognuno dei quali, motu proprio, si proclamava “unico” a poter rilasciare questo o quel diploma, avvalorandone la presunta legittimità a suon di editti e proclami; di lì poi, ad aumentare la confusione, il dogma finale per cui “se non hai un diploma del nostro Ente non puoi percepire compensi ex art. 67”.
A ridosso della pausa ferragostana poi, ecco arrivare la Circolare di prassi n. 18 dell’Agenzia delle Entrate che, se da un lato ha fornito importanti chiarimenti, è altrettanto vero che nel contempo ha suscitato numerosi quesiti ad alcuni dei quali peraltro con grande disponibilità ha risposto il Presidente della Commissione Fiscale CONI, Dott. Andrea Mancino, le cui interviste integrali sull’argomento potrete ascoltare cliccando qui: Link1, Link 2.
Poiché poi le disgrazie non arrivano mai sole, in questi giorni (non pochi, a torto, attendevano una proroga) scoppia la febbre della fattura elettronica per la quale sta prendendo piede, nella totale confusione degli obbligati, un sistema (transitorio?) misto, composto dal cartaceo, dalla posta elettronica normale, dalla posta elettronica certificata, e dalla fatturazione elettronica, fra cicli attivi e passivi, presente un Garante che pochi giorni fa si è accorto che “forse” la filiera dell’Agenzia delle Entrate dove finiranno milioni e milioni di dati sensibili non è ancora in ordine in tema di privacy.
Una siffatta situazione porterà le aziende e gli studi professionali a gestire contemporaneamente sia documenti cartacei, sia documenti elettronici dei quali, però, non si saprà con certezza se lo saranno solo per l’emittente, oppure anche per il soggetto ricevente (soggetto passivo IVA); il fornitore, infatti, potrebbe anche avere deciso di emettere fatture elettroniche per spontanea volontà; con questi presupposti appare difficile immaginare una possibile situazione operativa che dovrà affrontare uno studio professionale che da gennaio 2019 dovrà districarsi fra mille casi diversi!
Un Manager di un’importante Azienda di telecomunicazioni ha recentemente dichiarato: “La fatturazione elettronica e la relativa acquisizione dei dati da parte di una marea di soggetti rappresenta una fortissima minaccia all’equilibrio del sistema economico; sicuramente il mercato dei “dati” è destinato ad essere il nuovo business del futuro”.
Dulcis in fundo, per non farci mancare nulla, apprendiamo che all’interno del percorso di conversione in Legge del D.L. 119/2018, la Commissione Finanza del Senato ha approvato l’emendamento che concerne l’esonero dall’obbligo della fatturazione elettronica per Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche affiliate alle FSN, DSA ed EPS, in regime 398/91; finalmente una buona notizia, direste, e invece no!
L’esonero vale a condizione che i proventi commerciali realizzati nell’anno precedente (dunque per il 2019 si dovrà fare riferimento al 2018) non abbiano superato l’importo di 65.000 euro; di più, nel caso di superamento del citato limite, non dovrà essere l’Associazione o Società Sportiva ad emettere la fattura, ma…..il committente o cessionario; quindi, in riferimento a siffatta inversione contabile (già prevista dall’art. 21 del D.P.R. n. 633/72, che consentiva di esternalizzare il ciclo attivo di fatturazione) per gli obblighi di fatturazione e registrazione dei contratti di sponsorizzazione e pubblicità dei suddetti enti sportivi, dovrà provvedervi lo sponsor; mi chiedo, già le sponsorizzazioni sono in crisi; quanti saranno ora disposti a dare qualcosa al cospetto di questi nuovi adempimenti?; vi chiedo, avete mai, sino ad oggi, registrato o fatto registrare i contratti di sponsorizzazione !? Inoltre, i soggetti in 398 potranno ancora contare sul "finanziamento" del 50% dell'IVA che rimaneva in tasca alle Associazioni? Il Calcio, settore apparentemente più colpito da questo provvedimento, starà zitto?
Dicevamo all’inizio: crisi del modello associativo; se Atene (sport dilettantistico) piange, Sparta (Enti del Terzo Settore) non ride; passando infatti alle attuali Onlus, alle organizzazioni di volontariato (ODV) ed alle associazioni di promozione sociale (APS) il termine per l’adeguamento degli statuti al Codice del Terzo settore (CTS) è stato prorogato al 3 agosto 2019 (invece del 3 febbraio). Le imprese sociali costituite in base alla normativa previgente avranno invece tempo fino al 20 gennaio 2019 per allinearsi alle nuove regole del D.Lgs. 112/2017 (il termine era prima fissato al 20 luglio 2018).
Se da un lato questa proroga ha concesso più tempo agli enti non profit per preparare il passaggio alla nuova normativa, dall’altro ha generato alcune perplessità negli operatori sulle tempistiche di operatività della riforma. Il timore, in particolare, è che la necessità di troppi provvedimenti attuativi e il “ritardo” nella richiesta di autorizzazione alla Commissione europea stia rinviando eccessivamente la sua concreta attuazione.
Di questa situazione e di tutte le conseguenze dipendenti da quanto sin qui scritto, solo una minima parte degli operatori del settore (leggi Legali Rappresentanti di Enti non Profit) ne è a conoscenza, preoccupandosi unicamente, a fronte dei nuovi obblighi, di trovare un “commercialista che costi meno”, favorendo così il proliferare dei “guru della 398”, dei sedicenti esperti e tuttologi del terzo settore salvo poi accorgersi, a tempo dovuto, che magari ci si è “scordati” di presentare il modello EAS, e maledire le Agenzie delle Entrate perché “ce l’hanno con le Associazioni”; e mentre nel la nave affonda, l’orchestrina del noto transatlantico continua imperterrita a suonare "Nearer, my God, to thee".
Verona, lì 30/11/2018
Leonardo Ambrosi