LE RECENTI PRONUNCE DELLA CORTE DI CASSAZIONE SULLE SPORTIVE DILETTANTI
La seguente rassegna si inserisce in un momento particolare:
- Solo pochi mesi fa la Commissione Tributaria Provinciale di Varese, con la sua Sentenza n° 219 del 2018, sembrava aver messo a fuoco una interessante interpretazione relativa al rapporto tra la violazione del principio di democraticità degli enti associativi ed il “non automatico” disconoscimento della natura di ente non commerciale.
- Successivamente, al primo di Agosto 2018, l’arrivo della Circolare n° 18/E dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito di un Tavolo tecnico con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, forniva una ricca e precisa interpretazione rispetto a tutta una serie di problematiche fiscali, tra cui proprio le condizioni di “fruibilità” per l’agevolazione di cui all’articolo 148, comma 3, del TUIR. Tuttavia, la stessa Circolare, nel suo rigore, creava probabilmente ulteriori dubbi (e qualche perplessità) agli addetti ai lavori.
Non solo per l’autorevolezza della Circolare 18/E, e del Tavolo tecnico di cui è frutto, (nonostante non costituisca una fonte del diritto ma un semplice atto interno), è possibile affermare che, al di là di ogni questione di natura politica, in merito alle associazioni e società sportive sia in corso e si ritenga necessaria una transizione dal tempo del favor a quello del rigor. In questi momenti, dunque, l’occhio attento alle recenti pronunce della Corte di Cassazione - nelle controversie tra enti sportivi ed Agenzia delle Entrate - costituisce un indice abbastanza attendibile circa il consolidarsi dei vari indirizzi ed orientamenti, tanto dottrinali quanto giurisprudenziali.
LA SENTENZA N° 219/18 DELLA C.T.P. DI VARESE
Nel caso di specie affrontato dai Giudici della Commissione Tributaria Provinciale, l’Agenzia delle Entrate disconosceva la natura di ente non commerciale ad una ASD a seguito della violazione del principio di democraticità: in particolare veniva contestata la sussistenza di un esiguo numero di associati, la scarsa partecipazione degli stessi alla vita sociale, la convocazione dell’assemblea in modo non formale ed una sola volta l’anno, nonché infine la mancanza di alcuni documenti dell’associazione.
I giudici della Commissione Tributaria Provinciale hanno precisato come la violazione del principio di democraticità presupponga “una indagine di tipo qualitativo, molto più approfondita e accurata, non certo basata solo su semplici indizi o circostanze” come quelli sopra citati. Inoltre “La scarsa partecipazione numerica ai momenti assembleari e la convocazione informale dell'assemblea, non può essere utilizzata dagli uffici finanziari per disconoscere i benefici fiscali delle ASD, in quanto non hanno alcun presupposto giuridico nell'ambito delle norme tributarie di settore. L'eventuale violazione del principio di democraticità può comportare, e solo in alcuni casi, la perdita delle agevolazioni fiscali previste dal comma 3 dell'articolo 148 del D.P.R. n. 917/1986 quali la detassazione dei corrispettivi specifici, ma non comporta in alcun modo, come pretende l'Amministrazione finanziaria, la perdita della qualifica di ente non commerciale e che, infine, l'art. 149, commi l e 2, del D.P.R. n. 917/1986, in materia di perdita della qualifica di ente non commerciale, non si applica alle associazioni sportive dilettantistiche. Bisogna rilevare che anche in questo caso la poca rilevanza dell'aspetto formale, richiamando a tal proposito quanto affermato dalla stessa Agenzia delle entrate, con la C.M. 8.2.2013, n. 9/E, secondo cui "la violazione degli obblighi statutari volti all'attuazione del principio di democraticità, può comportare la decadenza dalle agevolazioni fiscali ma solo nel caso in cui non sia possibile dimostrare altrimenti la vera natura non profit dell'attività in concreto svolta [ ... ] e l'effettiva sussistenza delle condizioni per la realizzazione delle finalità istituzionali”.
I PROVVEDIMENTI PIU’ RECENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE:
ORDINANZA N° 30369 DEL 23/112018 (5 SEZIONE CIVILE)
Insufficienza della veste formale del Riconoscimento CONI, prevalenza dell’indagine sostanziale circa la natura commerciale dell’associazione o società.
“8. per giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. n. 23789/16), infatti, il riconoscimento da parte del Coni della qualifica di società sportiva dilettantistica, in quanto requisito meramente formale non può di per sé stesso costituire elemento scriminante ai fini della sussistenza o meno della natura commerciale di una società o associazione, di conseguenza non paiono conferenti le censure mosse dal ricorrente sull'applicazione dell'art. 90 della legge n. 289/2002 e del D.L. n. 136 /2004, inoltre le censure non colgono la ratio decidendi complessiva adottata dal giudice d'appello, che non si è limitato ad escludere i benefici fiscali riservati alle associazioni sportive senza fine di lucro per mancanza del riconoscimento da parte del CONI, ma per una ragione sostanziale, avendo ritenuto in fatto che l'associazione svolgesse una prevalente attività di carattere commerciale;
ORDINANZA N° 31434 DEL 05/12/2018 (5 SEZIONE CIVILE),
Agevolazioni ex art. 148 TUIR, insufficienza della veste formale giuridicamente assunta di ente no profit, fissazione dell’onere della prova circa l’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro a carico di chi invoca la legislazione di favore.
“1.3. secondo un orientamento ormai consolidato di questa Corte, "le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, dall'art. 111 (ora 148) d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell'atto costitutivo o nello statuto" (Cassazione civile, sez. trib., 11/03/2015, n. 4872); si è ulteriormente chiarito che "in tema di agevolazioni tributarie, l'esenzione d'imposta prevista dall'art. 111 (ora 148) del d.P.R. n. 917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative dipende, non dall'elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma dall'effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente" (Cassazione civile, sez. trib., 05/08/2016, n. 16449);
non basta, quindi, il dato formale della qualificazione quale associazione sportiva dilettantistica, ma occorre che effettivamente l'associazione svolga attività senza fine di lucro e si conformi alle prescrizioni di cui all'art. 111 T.u.i.r. (ora 148); infine, è stato anche precisato che "in tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro - come si evince dall'art. 111, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel testo applicabile "ratione temporis") - svolgere attività a carattere commerciale; il citato art. 111, comma 1 - in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo - costituisce, d'altro canto, deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo d.P.R., secondo cui l'IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche, con la conseguenza che l'onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l'esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall'art. 2697 c.c." (Cass. sent. n. 23167/2017)”;
ORDINANZA N° 32119 DEL 12/12/2018 (5 SEZIONE CIVILE),
Esenzione IRPEG: natura dell’imposta, misura dell’esenzione, fissazione dell’ordine della prova.
“- come già chiarito da questa Corte (Cass.19398/15; 3360/2013 Cass.22598/2006), "in tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro - come si evince dall'art. 111, comma secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo applicabile nella specie, "ratione temporis") - svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale; il citato art. 111, comma primo - in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo - costituisce, d'altro canto, deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del medesimo d.P.R., secondo cui l'IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche: con la conseguenza che l'onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l'esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall'art. 2697 cod. civ.";
- gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (temporalmente applicabile alla fattispecie), in materia di IRPEG e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, in materia di IVA - come modificati, con evidente finalità antielusiva, dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5 - a condizione non solo dell'inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell'art. 5 D.Lgs. n. 460 cit. (art. 111, comma 4 quinquies), ma anche dell'accertamento - che va effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione - che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse (Cass. n.11456/10; 8623/12; n. 5931/2015; v. anche 4872 del 2015)”.
Verona, lì 21/12/2018
Avv. Luca Romanella
Studio Leonardo Ambrosi & Partners